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    DRAGONLANCE: LE ORIGINI DELLA STORIA

    Gilthanas
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    DRAGONLANCE: LE ORIGINI DELLA STORIA Empty DRAGONLANCE: LE ORIGINI DELLA STORIA

    Messaggio Da Gilthanas Ven 6 Ago - 15:23

    Gilthanas era ferito e si trascinava a fatica lungo la via che portava a Randol, ultima roccaforte della resistenza contro le armate del male. Il suo viaggio lo portava verso quella città come meta obbligata del suo percorso.
    La sua era una missione ben precisa: unire un popolo sotto i princìpi che lo avevano guidato sino a quel momento. Così aveva promesso a Silvara, sua compagna di sempre. Quelle sono state le sue ultime parole prima di divenire per l'ultima volta e per sempre drago. Silvara poteva prendere le sembianze di una donna elfo ed in tali sembianze sbocciò l'amore. Ma lei sapeva che ciò non poteva esistere e presto sarebbe dovuta ritornare nelle sue vere spoglie. Prima di ritrasformarsi strappò la sua ultima promessa da Gilthanas e non poteva ignorarla. Ora Gilthanas aveva una nuova missione da compiere, ma non era una cosa facile, c'erano tante incognite. Chi l'avrebbe seguito in questa che era una scommessa più che una missione? E chi poteva seguire un elfo? E dove avrebbe cominciato?
    Assorto nei suoi pensieri, mentre era accampato lungo l'argine del fiume, e preso dai suoi enormi dubbi, una voce interruppe l'assordante silenzio: "A cosa pensi Elfo?"
    Gilthanas si destò, strinse l'elsa della sua lancia e si guardò attorno, ma non vide nessuno, il sole ormai volgeva al tramonto e le luci del crepuscolo e gli ululati dei lupi rendevano l'atmosfera spettrale.
    Stringendo gli occhi scorse prima un' ombra che via via con chiarori violacei prendeva forma. Era una strega. Donne che hanno donato la propria vita in cambio di enormi poteri magici.
    "Chi sei?", chiese l'elfo alla strega.
    "Rispondi ad una domanda con un'altra domanda?" disse con voce severa la strega.
    "Hai ragione strega, sono Gilthanas, Gilthanas di Qualinesti."
    "L'elfo che ha ucciso il drago?" chiese lei incuriosita. Le sue gesta anticipavano l'eroe nel suo cammino e la strega conosceva il suo percorso. Ora aveva davanti il motivo che aveva spinto la strega a galoppare a cavallo senza una meta. Sentiva che era il momento di partire senza sapere per dove e per trovare chi o cosa. Ora, guardando quell'elfo quasi buffo, cominciava a comprendere.

    Aveva sentito galoppare in lontananza ed aveva scorto un grande cavallo bianco sormontato da un elfo. La direzione era quella del fiume e correva verso la città salvata. Marion, strega delle terre di Rhomila, muovendosi nella sua invisibilità l'aveva seguito, osservato per lungo tempo, studiato. Ora l'elfo era fermo, stanco del lungo ininterrotto viaggio ed invece di riposare era appoggiato al tronco di un albero a riflettere con le braccia incrociate, . I suoi pensieri erano così evidenti e Marion sentiva così tanto la necessità di parlargli che decise di cominciare quello che sarebbe stato più di un semplice scambio di battute.

    "Si sono io. Ho perso tutto quello che avevo. Ho perso Silvara e tutti i miei fedeli amici. Hanno combattuto con me, hanno sofferto con me. Il drago è morto, è battuto, è tornato nella sua terra ma al mio fianco non ho più chi mi ha salvato" disse l'elfo abbassando gli occhi verso il fiume che scorreva placido.
    La strega, avvertendo il dolore di Gilthanas, addolcì la voce continuando:
    "Io sono Marion. Strega di Rhomila. Anche io sono in viaggio, ma non so cosa cerco. Il Fato mi ha condotto qui e qui ho trovato te."

    Marion e Gilthanas si guardarono negli occhi. I loro sguardi inquisitori trovarono immediato, reciproco rispetto.
    Capendo come la strega leggesse i suoi pensieri, con poche parole Gilthanas disse a Marion:
    "Strega ho bisogno di te. Accompagnami a Randol. Ho bisogno di trovare delle persone che mi aiutino nella mia causa."
    Marion rispose "Elfo, la prima persona l'hai già trovata".
    Gilthanas scorse un leggero sorriso sulle labbra della strega. Era una cosa rara. Un elfo sa queste cose. Gli vengono insegnate fin da quando non sa nè leggere nè scrivere.
    I due si rimisero in viaggio assieme. Marion sentiva che qualcuno li osservava. Alzò la mano e la fece roteare. L'ombra li avvolse e diventarono invisibili. Ormai la notte era scesa, i due galopparono nel silenzio senza parlare sino a quando all'orizzonte si affacciò la grande città di Randol...
    La città di Randol è l'ultima roccaforte rimasta in piedi dall'ultimo assalto delle forze del male. A protezione dell'entrata, degli enormi draghi di pietra sfidano coloro vogliano accedervi. La giornata era buona. Gilthanas aveva ritemprato le membra stanche dopo l'ultimo viaggio presso la locanda "la vecchia lancia". Per poche corone potette riposare in un letto morbido...non ricordava più l'ultima volta che ciò era accaduto. Marion, la sua unica amica in quelle terre sino a quel momento l'aveva accompagnato sino all'uscio della taverna per poi dileguarsi nell'ombra come era suo solito.


    Ultima modifica di Gilthanas il Lun 4 Ott - 12:04 - modificato 2 volte.
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    DRAGONLANCE: LE ORIGINI DELLA STORIA Empty Re: DRAGONLANCE: LE ORIGINI DELLA STORIA

    Messaggio Da Gilthanas Ven 6 Ago - 15:27

    I sogni di Gilthanas quella notte erano stati pieni di agitazione: l'elfo rivisse ogni istante dell'ultima battaglia combattuta con tutta la vividezza della realtà. Guardando fuori dalla finestra della stanza aveva ancora impressi in mente quegli occhi pieni di odio che lo fissavano prima dell'ultimo attacco...

    Il drago lo dominava dall'alto. La sua bocca tentava di afferrarlo tra le sue fauci aiutandosi con i suoi temibili artigli. Gilthanas ormai si era dichiarato sconfitto. Il drago era troppo forte per lui. Oramai era ferito gravemente, aveva perso la sua arma nel suo ultimo tentativo di attacco ed era stanco. Quando ormai le enormi fauci della bestia erano così vicine da sentire il calore bruciargli la pelle, apparve come una visione il suo fedele amico Dancan che tra le fiamme infilzò la lingua biforcuta del grande drago rigettandolo nuovamente indietro. Dancan non aveva mai voltato le spalle a Gilthanas: tra il vecchio titano e l'elfo c'erano state troppe battaglie vissute assieme per non combattere...e nulla avrebbe mai potuto dividerli. Dancan sapeva che sarebbe potuto morire ma il suo cuore non temeva nulla.
    La belva distolse lo sguardo da Gilthanas, che ormai si era già trascinato dietro una roccia, e si dedicò al suo nuovo avversario. Il titano con un urlo terribile si lanciò senza paura verso la belva sparendo tra le sue fiamme.

    Gilthanas intanto cercò di sfruttare la temporanea distrazione del drago per recuperare la sua lancia ma non appena provò a rialzarsi si rese conto di avere le gambe bloccate: i terribili artigli del drago avevano passato da parte a parte il suoi muscoli e il dolore era troppo straziante. La flebile speranza accesa da Dancan cominciò a svanire rapidamente quando l'elfo non vide riapparire il suo amico dalle divampanti fiamme dell'essere alato.
    L'elfo tentò di definire un piano di attacco ma d'un tratto i pensieri si confusero e la sua mente si annebbiò. Ebbe appena la lucidità di capire che il sangue che stava perdendo era troppo.
    "Il drago mi ucciderà come ha fatto con tutti gli altri" pensò sconfitto l'elfo. Poi tutto divenne confuso. Cominciò a non sentire più, il silenzio cominciò improvvisamente a scendere in tutto quel frastuono e Gilthanas chiuse gli occhi. Poi silenzio. Tutto tacque. Silenzio ancora. Poi un brusio, come una musica, prima lontana, poi quasi persa e poi nuovamente ritrovata. Era una voce che sussurrava parole della sua lingua. Era elfico. Parole prima incomprensibili, poi sempre più chiare. Esse ripetevano in una dolce armonia:
    "Gilthanas, im Atir. Telin le thaed.Lasto beth nîn, tolo dan nan galad."
    "Io sono Atir - Sono venuta ad aiutarti. Odi la mia voce... Torna alla luce."

    ...sempre più forti sempre più chiare...

    Gilthanas aprì timorosamente gli occhi e scorse una luce chiara dalle sembianze femminili. Sentì un profumo come di biscotto che lo fece rinvenire un pochino. Uno sfocato volto angelico guardava verso di lui con gli enormi occhi lucenti pieni di lacrime. La testa di Gilthanas era tra le mani della guaritrice in un dolce sostegno. Le sue lacrime gli bagnavano il viso. Lei era Atir, guaritrice dell'anima e del corpo. Era riuscita a raggiungerlo nel momento in cui tutto sembrava giunto al termine. Pensava di averla persa dopo l'ultimo giorno in cui tutti e cinque gli eroi si erano accampati assieme. In quell'ultima sera assieme, decisero di comune accordo, di dividersi per eludere il nemico che li inseguiva. Dancan avrebbe preso la strada verso ovest aggirando le montagne di Foragon per ritrovarsi sul dirupo del drago nel giorno stabilito. Atir e Morrigan avrebbero seguito il fiume rosso dritti a sud e Fabila avrebbe percorso le paludi di est. Gilthanas avrebbe volato con Silvara con il favore dei venti sperando di non essere raggiunto dagli sciami di Demoni Alati. Tutti sapevano che avrebbero potuto non vedersi mai più. Dividersi poteva essere fatale ma appariva come unica soluzione valida. Alla fine aveva funzionato, almeno sino a quel momento. Non sospettavano che il Drago potesse essere così forte, o meglio, lo pensavano ma la loro Determinazione gli imponeva di ignorare i brutti presagi.

    Un tumulto di energia divampò dentro il corpo dell'elfo. La sua anima si riscosse, le sue membra si rigenerarono. Le forze rapidamente gli ridonarono vigore. Gilthanas strinse i pugni e si posizionò prima in posizione seduta e poi si rimise in piedi appoggiandosi sulla sua amica che ringraziò con una ferma carezza.
    Vide maga MorriganYubel davanti a loro che lanciava dardi luminosi verso la bestia coprendo lui e Atir che risultavano così protetti.

    Gilthanas si girò attorno in cerca della sua lancia, unica eredità di suo padre, ma non la trovò. Udì un grido dalla punta del dirupo "Gil!": era Fabila la sua fedele compagna di viaggio. Fabila stava cercando con tutte le sue forze di proteggere Dancan dalle fiamme del drago in un turbinio di magia e energie. La luce le feriva gli occhi. Fabila lottava a fatica con il drago. Le sue forze non avrebbero retto per molto. Sotto i suoi piedi la lancia di Gilthanas. Fabila si chinò rapidamente per raccogliere l'arma e continuò dicendo: "Gil! Afferra!" e con forza lanciò l'arma al suo amico elfo con estrema fatica: non poteva mollare, non ora. Voltando le spalle al mostro per aiutare Gilthanas subì un colpo della sua coda che le tolse il terreno da sotto i piedi facendola cadere a terra. Ora la bestia avrebbe cercato sicuramente di afferrarla con le sue fauci, ma MorriganYubel, che intuì il rischio, si era nel frattempo avvicinata a Fabila, le afferrò la mano, la tirò lontano e colpì il volto del mostro con un suo incantesimo accecante. MorriganYubel nelle sue imprese aveva dimostrato già tante volte estrema dedizione verso i suoi compagni. La maga avvicinò le mani a formare una sorta di sfera di luce che venne sparata direttamente negli occhi del drago che emise uno stridìo assordante agitando la testa infastidito.

    Gilthanas capì che era il momento giusto. Afferrò la lancia caduta poco lontano da lui, balzò sulla roccia più alta che gli permetteva di slanciarsi e si proiettò con tutte le sue forze verso il ventre del drago urlando:
    "A si i-Dhúath ú-orthor, Rakhoon!"
    "L'ombra non ha ancora il predominio, Drago!"

    E nella luce si lanciò e la sua lancia penetrò il cuore del drago.
    Una esplosione magica avvolse l'elfo che perse il terreno sotto i piedi. Gilthanas sentì l'odio del drago penetrargli fin dentro le ossa. L'energia del drago pervase l'essenza stessa di Gilthanas che si ritrovò proiettato a grande altezza avvolto di luce e fiamme. Il drago poi ricadde nella sua fossa gemendo di dolore.

    L'elfo aveva colpito il cuore e la sua lancia l'aveva trafitto nel suo punto vitale.
    L'elfo cadde violentemente sul terreno. Poi nulla. Il silenzio. Forse morte. Oppure no. Ma silenzio.
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    Messaggio Da Gilthanas Ven 6 Ago - 15:27

    Gilthanas aveva molta confusione in testa. Ricordava le parole dei suoi amici che non aveva più rivisto dall'ultimo grande scontro. Ora, in quella locanda crepitante non sapeva cosa fare. C'erano fin troppe cose da organizzare e lui non riusciva a pensare che a loro.
    Dancan gli diceva continuamente di non avere paura, di vivere la lotta sempre con onore; l'epilogo di ogni lotta secondo lui è già scritta prima che questa abbia inizio.
    Ricordava le battute del titano mentre lui mangiava il suo pane elfico e il titano divorava enormi bistecche di lupo, a sottolineare la differenza di sapori.
    Atir era la persona che meno parlava con lui ma che forse più lo capiva. Nel suo silenzio molte volte trovava un conforto che nessuno poteva dargli. Ogni volta che ne aveva bisogno, lei era li, con i suoi enormi occhi splendenti a rassicurarlo. I suoi occhi erano due gioielli, sembrava quasi emanassero luce propria.
    MorriganYubel chiacchierava con Gil sempre e costantemente di tutto e di tutti. Esprimevano pareri, si raffrontavano e talvolta litigavano. Ma i loro litigi non potevano durare più di un attimo. Non appena cominciavano già finivano e tutto terminava con una rumorosa risata. La sintonia di Gilthanas con la maga era davvero forte e la grande amicizia che li univa era sincero e solido.
    Fabila non faceva altro che aiutare l'elfo con estrema dedizione. Una chierica vive per gli altri, per dare senza ricevere; dona se stessa e le sue capacità solo per sostenere, curare, proteggere chi le sta accanto. Gilthanas aveva spesso bisogno di aiuto e lei faceva tutto con estrema passione per il suo amico. La chierica, con le sue parole, continuava a sorreggere l'elfo in ogni situazione difficile. Gli elfi di natura sono pensatori, sognatori e guerrieri. Quando prendeva il sopravvento il pensatore, Fabila era lì, pronta a verificare che i suoi pensieri fossero positivi.
    Gilthanas, grazie ai suoi quattro amici viveva in un perfetto equilibrio.
    A quelle grandi amicizie, si era aggiunta Marion. I due non si conoscevano, e parlare già di amicizia era prematuro, ma qualcosa suggerì all'elfo che lei c'entrava qualcosa nella sua storia anche se non sapeva bene cosa. Ma qualcosa doveva esserci. L'elfo era un mago. Alcuni dei suoi pensieri non erano solo semplici sensazioni.
    Gilthanas uscì dalla locanda. Aveva bisogno di abiti puliti, armi e pozioni. Aveva la borsa vuota e aveva bisogno prima di ogni cosa di risistemare la sua situazione economica. Ciò che aveva bastava giusto per pagare il locandiere. Laurana, sua sorella, molto tempo addietro gli disse che in ogni città conosciuta, tra cui Randol, poteva contattare la magazziniera del posto consegnandole la lettera di carico della sua casata. In tal modo avrebbe avuto accesso al forziere di famiglia, lasciato in custodia appositamente per queste evenienze.
    Aprendo il forziere vide che dentro c'era un sacchetto di pelle con delle monete d'oro sufficienti per comprare armi e vestiti nuovi, inoltre c'erano spade, scudi e tanta roba sconosciuta: Gilthanas non avrebbe potuto neanche tentare di dare un valore a tutte quelle cianfrusaglie, era un elfo e gli elfi non sanno commerciare.
    Uscito dal magazzino andò dal fabbro e si fece forgiare un'arma idonea al suo livello ed acquistò vestiti nuovi. Non voleva apparire come uno straccione. In fondo aveva ucciso il drago!
    Si avvicinò al mercato di piazza per acquistare attrezzature ed assistette ad una scena molto particolare:
    Un uomo chiamato "Ince" stava vendendo un cavallo in piazza. Il cavallo era muscoloso e giovane e il suo prezzo troppo basso incuriosiva i passanti. Un piccolo gruppo di gente gli si stringeva attorno osservando la bestia con dovuta ammirazione. Ad un tratto, dall'altro lato della piazza, un omone muscoloso corse verso di lui brandendo un'enorme ascia urlando: "Ladro! Rendimi il cavallo!". A quel punto Ince cambiò rapidamente espressione. Il suo sorriso ammaliatore divenne rapidamente un volto preoccupato e colpevole. Capendo la situazione pericolosa si gettò nella folla fra spintoni e balzi, nel disperato tentativo di sfuggire alla dovuta punizione.
    Il ladruncolo era molto agile ed a poco servivano i tentativi di acciuffarlo da parte di qualche eroe improvvisato.
    Una donna con il viso coperto, che a malapena faceva trasparire gli occhi, attirò l'attenzione di Gilthanas: quando vide che il ladro stava per ottenere la sua libertà, con fare misterioso protese la sua mano dalle evidenti unghia poco fuori dal suo mantello; la donna strofinò lentamente i polpastrelli del pollice e dell'indice e nel preciso istante in cui interruppe il gesto, Ince si ritrovò con il fondoschiena per terra!
    Gilthanas vide chiaramente gli occhi della donna contrarsi in un sorriso di soddisfazione.
    Una maga senza dubbio...o una strega? Ma si! Forse era quello il motivo per cui Gilthanas ne fu attirato. Mentre le guardie arrestavano il manigoldo, l'elfo in silenzio si avvicinò alla donna e parlò al suo orecchio:
    "Ti diverti vero?"
    La donna si voltò spaventata dall'improvvisa interruzione. Poi quando vide chi fosse il suo interlocutore riprese a sorridere rispondendo:
    "Non sopporto la gente non leale. Il prezzo era troppo basso. Era evidente che c'era qualcosa sotto".
    Gilthanas le sorrise e continuò:
    "Tu sei pratica del mercato?"
    "Ho le mie tecniche" rispose lei;
    "Seguimi. Ho bisogno di te" concluse Gilthanas guardandola negli occhi; guidò Marion dalla magazziniera: aveva bisogno di oro per dare inizio alla sua missione e lei forse era la persona giusta.
    Marion e Gilthanas buttarono via molta roba che valeva poco e misero da parte tutto ciò che poteva essere venduta. L’elfo fece chiaramente capire alla strega di avere bisogno di aiuto e lei prese l’attività molto sul serio: suggerì con intelligenza sul da farsi e si dedicò al mercato con abilità ed astuzia; in poco più di dieci giorni racimolarono milioni di corone d'oro.
    Gilthanas affidò la chiave del suo forziere a Marion: la fiducia che l’elfo ripose nei suoi confronti fu cieca.
    Gilthanas era ogni giorno più felice di averla incontrata; ora, con un piccolo gruzzolo iniziale, si poteva cominciare a progettare qualcosa di più grande.
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    Messaggio Da Gilthanas Ven 6 Ago - 15:27

    Ormai erano passate molte lune da quando Fabila non vedeva più Gilthanas e gli altri.
    Fu lei a raccogliere e portare il corpo inanimato dell'elfo al guaritore di Balifor sul dorso del suo cavallo. Fu lei ad agiarlo sul suo letto ed a salutarlo con un'ultima carezza sulla sua pelle fredda. Prima di andar via gli mise al collo il gioiello che indossava, nella speranza che potesse proteggerlo in sua assenza, lo guardò un' ultima volta e lo lasciò. Sapeva che non poteva fare altro per lui. L'elfo era stato colpito dalla magia del drago. Solo lui con le sue forze poteva lottare per dominarle. Se non vi fosse riuscito avrebbe continuato a vivere per sempre in uno stato di semi morte.
    "Forza, Gil. Non mollare" pensò la chierica con un nodo in gola, guardandolo per l'ultima volta prima di partire.
    Lei avrebbe potuto restare al suo fianco ma non sarebbe stato giusto; Non avrebbe potuto: come guaritrice doveva aiutare più persone possibili; lei era nata per questo e così doveva essere. Scelse dunque di affidarlo alle cure di un vecchio guaritore suo amico affinché se ne prendesse cura sino al suo risveglio, se mai vi fosse stato.
    Fabila come chierica non riusciva a star ferma. Ormai collaborava a pieno regime con tante persone e molte gilde. Forniva loro supporto e si dedicava loro con tutte le sue forze. Ciò riempiva le sue giornate costantemente, ma qualcosa non andava: sapeva che doveva fare altro ma non capiva cosa.
    Udì di una carovana di nomadi che si muoveva da nord per scendere verso le terre di Juno, che fuggivano dagli ennesimi attacchi del Chaos. A quanto apprese, trasportavano molti feriti con se e cercavano disperatamente una salvezza nella città roccaforte. Avrebbero incrociato il suo villaggio alla sera e lei non potette resistere al richiamo.
    In un primo momento sentì il bisogno irrefrenabile di unirsi a loro nel viaggio, successivamente sopraggiunsero i dubbi e la confusione: "Ma se lascio tutti, qui come faranno?", "E quando arrivo a Juno cosa farò?".
    Decise di agire con razionalità: non poteva lasciare il suo popolo per andare in un posto che non conosceva e aprire le porta all'ignoto. Il suo popolo, il suo villaggio avevano bisogno di lei.
    Decise comunque di raggiungere la carovana che in quei giorni doveva attraversare il ponte pensando: "magari li aiuterò un pochino così allevierò il peso del viaggio e curerò qualche ferita". Preparò una bisaccia piena di alimenti che potevano essere conservati, delle borse piene di unguenti ed erbe medicinali, caricò all'inverosimile il suo cavallo e si diresse verso il fiume.
    Lì trovò un panorama indescrivibile: c'erano uomini, donne, elfi, nani, tutti sopra enormi carri aperti di legno, ammassati tra loro senza spazio. Molti erano morti ma nessuno se n'era accorto. I lamenti facevano da colonna sonora ad una visione terribilmente macabra. Fabila rimase basita a guardare e non si rese conto che stava piangendo in silenzio. C'erano bambini che strillavano chiedendo disperatamente informazioni sui propri genitori perduti, guerrieri gravemente feriti che guardavano il terreno nel suo lento e costante passaggio, con la mente persa in pensieri nascosti; anziani con il volto segnato da un indefinibile dolore...
    Solo il male, il Chaos poteva fare questo. Fabila lo sapeva bene. Il suo nemico era il male, il Chaos era il suo nemico.
    Scorse da lontano una donna con abiti sudici che si prodigava per gli altri. Ininterrottamente forniva una carezza, un aiuto. Curava e nutriva tutti. Ma erano troppi. Fabila capì subito che doveva andare da lei. Era da lei che doveva partire il suo aiuto.
    Sospinse il suo cavallo al galoppo per raggiungere la donna; avvicinandosi vide che quella che sembrava una donna in realtà era un elfo, una camminatrice dei boschi. Cominciò a sorridere quando la riconobbe: era la sua amica Atir.
    I suoi dubbi improvvisamente svanirono. La visione della sua grande amica aveva rinnovato lo spirito della chierica. La sua missione riprese nuovi contorni. Non era il caso ad averla portata sin li.
    Si avvicinò al carro, ma Atir era troppo indaffarata a curare malati e moribondi: non indossava armi, aveva il volto segnato dalla stanchezza ed appariva esausta. Fabila si commosse a guardarla lavorare con tanta dedizione, prese fiato e irruppe tra i lamenti con voce ferma:
    "Camminatrice! Cosa credi che li lasci tutti a te?"
    Atir alzò gli occhi verso la voce e vedendo Fabila crollò sulle ginocchia all’istante. Sorrise ed il suo volto si segnò subito di lacrime. Fabila le aggiunse con un sorriso
    "Se avevi bisogno di una chierica perché non mi hai chiamata?"
    Lavorarono spalla a spalla sino al tramonto. Il viaggio riprese e percorsero molte miglia assieme.
    Fabila capì che doveva restare al suo fianco e così fu. La loro meta ora era Randol.
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    Messaggio Da Gilthanas Ven 6 Ago - 15:27

    Dancan e Morrigan videro Fabila che si allontanava dal campo di battaglia con il corpo esanime di Gilthanas sul dorso del destriero. A nord, dalla parte opposta ormai le sagome degli eserciti del Chaos prendevano forma ed erano sempre più vicini.
    Fabila per portare in salvo l'elfo aveva bisogno di tempo. Dancan sapeva che in tre non potevano vincere ma avrebbero potuto provare a rallentare l'orda di bestie che avanzava: sarebbero bastate un paio di ore di vantaggio per permettere il successo della nuova missione.
    Quando Morrigan incrociò lo sguardo impavido del titano capì che lui aveva già deciso: avrebbero affrontato l'esercito per favorire la fuga di Fabila.
    Atir sopraggiunse subito dopo al fianco di Dancan, prese un bel respiro, tirò fuori dalla faretra una freccia, la posizionò sull'arco e tendendo la corda disse: "Per Gilthanas!", scagliando il dardo.
    La freccia partì dal suo arco, si levò in cielo e creò una parabola perfetta in aria cadendo a picco su di un Berseker colpendolo alla gola. Il berseker rantolò per terra e venne schiacciato dal resto dell'esercito che avanzava imperterrito.
    Vedendo quel gesto Dancan guardò l'esercito davanti a se ed urlò anche lui "Per Gilthanas!" scagliandosi contro l'orda del Chaos. Morrigan chiuse gli occhi. Una nebbia l'avvolse e quasi cambiò aspetto. La maga era pronta per l'attacco, sorrise famelicamente e disse anche lei, ma quasi sussurrando : "Per Gilthanas..". Evocò con parole ignote energie misteriose e cominciò a sferrare colpo su colpo magici proiettili.
    Gli orchi cadevano come foglie. Nessuna paura, nessun timore. Il loro destino era quello e loro erano li per viverlo.
    La battaglia sembrava non finire. Dancan con la sua ascia frantumava le ossa di qualsiasi essere gli capitasse a tiro. Lui era al centro della mischia. Atir riusciva ad aiutare il titano con una pioggia di frecce al suo seguito che rallentavano il susseguirsi di attacchi contro di lui.
    Morrigan stava utilizzando tutte le risorse a sua disposizione per creare una sorta di trincea fatta con i cadaveri dei caduti in modo bloccare il flusso che continuava ad arrivare.
    Loro tre erano più forti ma l'esercito del Chaos era molto numeroso. Non avrebbero potuto sopraffarli.
    La battaglia non poteva che essere modificata nella durata, ma l'epilogo era chiaro. Il sole intanto volgeva al tramonto. Non era possibile quantificare da quanto tempo il conflitto durasse ma probabilmente erano passate già diverse ore. Fabila doveva essere lontana.

    Atir ebbe un'idea: la dirupe del drago cadeva a strapiombo su di un fiume in piena. Loro avrebbero potuto salvarsi buttandosi da quel dirupo sperando nella buona sorte; era molto alto e le probabilità favorevoli erano basse, ma era l'unica via d'uscita:
    "Dan!", disse l'arcera
    "Lì, dalla rupe! Buttiamoci!".
    Dancan gettò rapidamente lo sguardo al dirupo, vide il rosso del tramonto e capì: potevano mollare la presa, potevano tentare di salvarsi. Atir osservò il titano e quasi non lo riconobbe: era totalmente ricoperto di sangue bluastro. Il suo volto era scuro e si riuscivano solo a scorgere i suoi grandi occhi duri. Dancan staccò di netto la testa di un Oger dal corpo con un colpo d'ascia e si diresse verso il dirupo seguendo Atir e Morrigan che cominciarono a retrocedere; gli ultimi metri li fecero di corsa.
    Gli eroi ottennero il minimo vantaggio che gli permise di scambiarsi una rapida occhiata di saluto (o di addio). Dancan si voltò e lanciò la sua ascia facendola roteare in aria verso un Oger in avvicinamento. L'ascià gli frantumò il cranio facendolo inginocchiare ai suoi piedi. Presero fiato e si buttarono giù.
    Atir durante il volo sbattè contro un' albero. Perse equilibrio ed il suo corpo colpì ripetutamente le rocce in caduta. Perse i sensi ma nessuno potè aiutarla. Dancan e Morrigan caddero vicini in un tonfo durissimo. Credettero di essere atterrati sulla pietra ma non era così: sentirono presto l'acqua gelida risvegliare gli arti traumatizzati dall'impatto. Dancan nel tumulto del fiume raggiunse Morrigan e i due, stretti assieme, si lasciarono trasportare dal fiume in attesa di trovare il momento ideale per fuggire alla corrente: e così fu. Quando le acque si calmarono, i due, esausti si lasciarono cadere sulla riva. Erano salvi.
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    Messaggio Da Gilthanas Ven 6 Ago - 15:28

    Il sangue Atir....
    Il sangue è dentro di te...
    Custodisci il sangue del drago!
    Il sangue del drago ti guiderà.
    Il sangue del drago ti segnerà la via.
    Il sangue è l'essenza... la via... la magia...

    Atir aprì gli occhi.
    Sentì una forza mai sentita, sentiva dolore. Il cuore le batteva forte e sentì un fortissimo bruciore dentro di se, come se il suo sangue prendesse fuoco.
    "Atir custodisci il sangue del drago".
    Queste parole risuonavano nelle sue orecchie. Ogni volta che le risentiva, il cuore le saliva in gola facendole perdere fiato. Gridò in preda a terribili dolori. Si guardò le mani e vide che erano piene di sangue. Il sangue era brillante, vivo e si muoveva come un serpente nella tana.
    Era strano. Il sangue non era il suo, così non sembrava, non poteva esserlo, ma di fatto usciva da lei, come se la tua pelle lo trasudasse. "Atir custodisci il sangue del drago" sentiì di nuovo quella voce.
    Atir tremante prese l'ampolla delle lacrime che portava al collo e lo riempì con un po' di quel sangue così strano. Appena richiuse l'ampolla vide che il sangue rimasto cominciò a coagularsi sciovolando via da lei.Il liquido rossastro comincò a prendere le sembianze di un enorme drago rosso davanti a se che cominciò a sbattere le ali emettendo un fortissimo verso di soddisfazione.

    Il drago afferrò la guaritrice tra i suoi artigli e cominciò a volare nel cielo. Atir perse i sensi.
    Volava tra le zampe di un drago rosso creato con il suo stesso sangue.
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    DRAGONLANCE: LE ORIGINI DELLA STORIA Empty Re: DRAGONLANCE: LE ORIGINI DELLA STORIA

    Messaggio Da Gilthanas Ven 6 Ago - 15:28

    Dancan sentì la lingua ruvida di un cervo leccargli il volto e si destò improvvisamente dal sonno profondo. Era pieno giorno ed aveva ancora le ossa doloranti per gli scontri e per il salto dalla dirupe. I suoi pensieri volarono subito verso l'amica Atir, della quale aveva perso le tracce. Cadendo la vide colpire duramente la parete del pendìo e temeva per il peggio.
    Vide Morrigan poco lontano da lui scrutare l'orizzonte alla ricerca di qualche traccia della guaritrice ma la sua espressione non lasciava trasparire speranza alcuna.
    I due si guardarono e si capirono all'istante: risalire il fiume era praticamente impossibile in tempi brevi e se lei fosse stata trascinata dalla corrente sarebbe finita dove erano loro, dove il livello dell'acqua era troppo basso per spingere un corpo più avanti. Cercarono tutto il giorno in quella zona sperando di non trovarla. E non la trovarono.
    Quando il sole cominciò a calare, Dancan recuperò della legna per accendere un fuoco, in modo da riscaldarsi per la notte e cuocere la carne del cervo sprudente che Dancan stava già macellando...
    Una volta accatastata la legna Morrigan accese il fuoco con un gesto della sua mano. Quella sera il titano e la maga passarono il tempo a mangiare e a rimuginare su tutti i dubbi che avevano, ipotizzando possibili scenari degli eventi trascorsi.
    "Secondo te Fabila ce l'ha fatta?" chiedeva il Titano.
    "Sicuramente. Fabila è un'esperta amazzone. Avrà sicuramente portato Gilthanas in luogo sicuro" rispose la maga.
    Sapevano entrambi che si trattava di pure ipotesi. Erano riusciti a garantire un certo vantaggio a Fabila ma i demoni alati non si erano fermati. Atir era riuscita con le sue frecce ad abbatterne tantissimi, ma molti proseguirono verso la direzione della guaritrice in fuga. I dubbi erano tanti, putroppo.
    Il più grande riguardava la loro amica elfo: le sue ultime parole avevano permesso ai due eroi di essere ancora vivi. Lei aveva trovato la via di fuga, lei aveva colpito per prima con le sue frecce, lei aveva strappato Gilthanas alla morte durante lo scontro con il Drago. Non poteva averli lasciati. Era troppo importante per il gruppo. Dancan ricordava ancora il suo sorriso incoraggiante prima di buttarsi dal dirupo. Un titano non piange ma il suo cuore tremava in preda all'afflizione.
    Dancan argomentò:
    "Se Atir è viva se la sarà sicuramente cavata. E' una camminatrice dei boschi. Qui lei è a casa sua. E' forte ed ha doti innate." poi riprese, "Morrigan, cosa credi sia giusto fare in attesa di notizie? L'esercito del Chaos incombe, so che molti si stanno raccogliendo nelle terre dell'Iris per lanciare i contrattacchi. Ho sentito parlare di una città roccaforte. Fabila ti ha detto dove avrebbe portato Gil?"
    Morrigan rifletté e poi rispose:
    "Non so nè dove sia Gil nè se sia ancora vivo. Dopo che ha inferto il colpo mortale al drago è stato lanciato via, travolto da un'onda di energia impressionante. Non conosco tale entità. Non la conoscevo e non l'avevo mai vista prima. I libri di magia racchiudono le nozioni più importanti delle arti e spesso si fa riferimento a forze incontrollabili che racchiudono enormi poteri. Credo che ciò che abbiamo visto sia una di quelle. Gilthanas è un mago e potrebbe farcela ma è una possibilità e basta."
    poi fece una pausa di silenzio e riprese
    "Io non conosco la città di cui parli. Dopo ciò che abbiamo visto ieri però, mi sono resa conto che il Chaos è molto forte e ben organizzato, onestamente non capisco perchè stessero seguendo Gilthanas ma credo che prima o poi lo scopriremo. Io non ce la faccio ad aspettare la fine della mia razza. Se le terre dell'Iris stanno raccogliendo eroi per contrattaccare il male allora io sarò con loro." ed infine aggiunse:
    "Ci servirà un esercito ed un capo."
    Dancan rispose:
    "Il capo ce l'abbiamo, l'esercito lo costruiremo. Dovremo solo aspettare il momento giusto. Solo non so come avvertirlo che noi saremo li ad aspettarlo".
    Lo interruppe la maga
    "Titano. Dimentichi che io sono una maga?" il titano sorrise con sguardo crucciato.
    Morrigan si allontanò e sedette al buio. Chiuse gli occhi e rimase nel silenzio. Lo screpitìo del fuoco e lo scorrere del fiume erano gli unici rumori che si udivano.
    Improvvisamente il vento cominciò ad alzarsi. Un turbine di aria si levò dalla maga che restò impassibile. Il fuoco cominciò a piegarsi trascinato dal vento, i rami degli alberi cominciarono a piegarsi e gocce di acqua si staccarono dal fiume.
    Morrigan cominciò a bisbigliare:
    "Spirito amico,
    spirito del vento,
    la mia parola
    voli nel tormento.
    Trova l'elfo che il drago ha ucciso
    portagli la voce nel luogo preciso."
    Poi Morrigan aprì improvvisamente gli occhi, si mise in piedi e gridò al vento:
    "GILTHANAS, AHTIRI SALAII, TAI RAKIMIRII ON IRISI AFTORIAL KIU. KAMITA TAH."
    GILTHANAS, ODI LA MIA VOCE, I TUOI AMICI SARANNO IN IRIS AD ATTENDERTI. VIENI DA NOI"
    Il vento si placò d'improvviso e sembrò allontanarsi ripetendo quelle parole nel tormento.
    Dancan meravigliato ed emozionato chiese subito:
    "Chiama pure Atir, Morrigan", ma Morrigan gli rispose:
    "Dancan, Gilthanas è un mago. Conosce la lingua del vento. Putroppo Atir non lo è. Sarebbe inutile".
    "Cosa faremo per Atir?" chiese il titano.
    Morrigan non rispose. Non potevano far nulla; risalire il fiume non poteva che significare andare incontro all'esercito del Chaos alla ricerca di una probabile disfatta.
    La loro vittoria doveva passare da una guerra ad armi pari. Dovevano raggiungere le terre dell'Iris. E' da li che avrebbero potuto combattere e vincere.
    "Domattina all'alba partiremo con il favore della luce" irruppe il titano.
    "D'accordo". Rispose la maga improvvisamente stanca in volto per l'incantesimo appena invocato.

    I due si stesero vicino al fuoco e dormirono profondamente.
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    Messaggio Da Gilthanas Ven 6 Ago - 15:28

    Fabila ormai era a galoppo da molte ore. Sentiva di essere seguita ma non si voltò mai per guardarsi alle spalle. La sua missione era portare in salvo l'elfo.
    Il suo cavallo però cominciava a rallentare. Ansimava ed aveva la lingua pendente da un lato. Doveva accamparsi per qualche ora. Anche lei era stanca e doveva presto prendere fiato.
    Il sole battente rendeva tutto più difficile in quelle terre aride. Aveva scelto il percorso più breve verso il suo amico guaritore. Se fosse riuscita a tagliare per il deserto di roccia sarebbe stata in salvo. Li però era più esposta e le sua difese sarebbero state più basse.
    Scorse una grande roccia che creava un po' di ombra sotto di se e decise di fermarsi li vicino per verificare lo stato di salute di Gilthanas e dare modo al suo cavallo di recuperare le forze.
    Aveva ancora una discreta riserva di acqua e comunque poteva ricorrere alle sue arti guaritrici per ridurre la necessità di liquidi.
    Si dedicò prima al suo cavallo. Gli diede dell'acqua e dei pezzi di pane elfico per rinfrancarlo; poi cercò di sistemare con fatica Gilthanas per terra sulla schiena, adagiandogli la testa con estrema delicatezza. Verificò i suoi segni vitali: il battito cardiaco era accelerato ma lui era freddo ed i suoi occhi non reagivano agli stimoli: era in preda ad una lotta interna tra forze opposte. Chissà se ce l'avrebbe fatta. La sua lotta con il drago non era finita, tutt'altro: la sua battaglia aveva avuto inizio solo dal momento dell'uccisione del drago stesso. Ma era ora una lotta senza armi. Una lotta di forze e di energie, e nessuno avrebbe potuto aiutarlo. Gilthanas ripeteva sempre che ognuno aveva il proprio drago da combattere. Ognuno aveva la sua personale battaglia da affrontare con le sole proprie forze. Solo in questo modo, in caso di vittoria, il drago sarebbe stato realmente sconfitto. Questa era la sua lotta e Fabila stava assistendo a questo combattimento invisibile.
    Esplose a piangere su di lui come una ragazzina appoggiando la sua testa sul suo corpo inerme singhiozzando:
    "Gilthanas non morire. Abbiamo bisogno di te. Ti prego".
    Il suo pianto fu interrotto da un lontano gemito. Fabila si ridestò istantaneamente e vide all'orizzonte sette demoni alati che volavano verso di lei che emettevano il tipico grido bestiale di quando stanno per attaccare.
    Fabila capì che era tardi per scappare. Gilthanas e il suo cavallo erano nascosti e lei avrebbe potuto combattere più agilmente; ma lei era una chierica non una guerriera: capì che quella poteva essere la fine. I demoni alati sono belve trasformate con riti demoniaci in esseri in grado di volare. Sono abili nell'uso di archi e combattono sempre in gruppo; solitamente la tecnica migliore per ucciderli è avvicinarli il più possibile e colpirli a distanza ravvicinata.
    Fabila non aveva altra via. Non la vedeva. Il suo cuore cominciò a battere all'impazzata. Si sentiva in trappola. Stava per fallire la sua missione. "Perchè?" si chiese preda alla paura. "Sono una stupida, non dovevo fermarmi!".
    Oramai lo scontro era inevitabile, le terribili bestie alate erano quasi a portata di tiro.
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    Messaggio Da Gilthanas Ven 6 Ago - 15:28

    Il cuore di Fabila continuava a battere forte, sempre più forte. Il suo fiato divenne rapido e corto. Cominciò a rendersi conto che la paura le stava facendo perdere il controllo. Non riusciva a calmare il suo cuore che batteva all'impazzata. Cominciò anche ad avvertire delle forti fitte nel petto.
    "Fabila calmati, calmati, affronta il tuo drago" si ripeté la chierica in preda al panico, nel vano tentativo di rallentare la sua respirazione.
    Il cavallo prese a nitrire avvertendo l'agitazione della sua padrona ma in maniera strana: cominciò a girare in tondo e ad alzarsi sulle zampe posteriori in un'insolita furia.
    C'era qualcosa di diverso: il cuore cominciava a fargli seriamente male, non respirava praticamente più.
    Il suo battito divenne incontrollabile; cominciò a rallentare ma ad aumentare di potenza.
    Sempre più scandito.
    Sempre più netto.
    Sempre più rumoroso.
    Ora Fabila sentiva solo il suo cuore.
    Un tamburo, potente, regolare, nitido.
    Fu in quel momento che sentì quella voce:
    Il cuore Fabila....
    Il Cuore è dentro di te...
    Custodisci il cuore del drago.
    Il cuore del drago ti guiderà.
    Il cuore del drago ti segnerà la via.
    Il cuore è l'essenza... la via... la magia...

    Fabila sentì che il suo cuore stava per esplodere. Avvertì la presenza di un fuoco terribile che le bruciava dentro e che non poteva strappare via. Il fuoco palpitava dentro il suo corpo.
    Fabila emise un grido, un urlo, un fortissimo verso di odio e dolore che fece arrestare improvvisamente i demoni alati.
    I Demoni si fermarono in un silente battito di ali guardandosi l'un l'altro impauriti. Erano indecisi sul da farsi quando nuovamente un verso terribile uscì dalla bocca della chierica. Un suono troppo forte, innaturale, mostruoso, stridente.
    Fabila aprì gli occhi e si vide come in sogno: lei era un drago e vedeva dai suoi occhi. Sentiva il cuore che alimentava la sua rabbia e la sua forza. Sprigionava energia da qualsiasi parte del corpo.
    Ora non aveva paura: era lei il cacciatore e loro la preda.
    Avvertì la paura dei suoi nemici.
    Ora era lei il drago ed emise un nuovo ancor più forte minaccioso verso che fece fuggire istantaneamente i demoni all'orizzonte.
    La paura era sconfitta, il nemico era sconfitto.
    Fabila riprese il controllo di se.
    Sentì ancora quella voce nella sua testa:
    "Custodisci il cuore del drago".
    Non capì cosa significasse. Capì solo che quella forza era mostruosa, innaturale e non sua. Il battito lentamente ritornò sempre più regolare.
    Si riavvicinò a Gilthanas e al suo cavallo, lasciò cadere la sua arma e crollò per terra esausta.
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    Messaggio Da Gilthanas Ven 6 Ago - 15:28

    Gilthanas cominciò a conoscere un po' di gente in città. Effettivamente si respirava aria di guerra. I discorsi che si udivano in giro erano tutt'altro che di rassegnazione. Si organizzavano attacchi, strategie ed addestramenti. Putroppo però, secondo l'elfo, c'erano troppi tentativi indipendenti. Non c'era un'unica, grande linea guida che tutti seguivano: le decisioni erano varie, vaghe e talvolta contrapposte. Si creavano quindi multiple gilde che spesso si trovavano in lotta tra loro senza motivo apparente. Addirittura vide gilde opporsi tra loro per spartirsi la preda. Inutile raccontare le conversazioni che si ascoltavano: trattavano esclusivamente l'ego personale. Molti si pavoneggiavano delle proprie azioni di guerra, della propria capacità di combattere ma nessuno parlava di organizzare una vera grande battaglia contro il Chaos.
    Si ricordò delle parole di suo padre, che a sua volta gli vennero insegnate da suo padre e tramandate di generazione in generazione:
    "Non parlare delle tue gesta, falle e basta e fai in modo che siano esse a parlare di te". L'elfo stava cominciando a capire che da li poteva fare qualcosa per la sua missione, anche se non era ancora totalmente convinto. Non conosceva quelle terre, si trovava lì perché qualcosa gli aveva suggerito di farlo.
    Ricordò quei momenti di solitudine da Tanis, suo guaritore: era nel suo letto in uno stato di semi morte. Questi stati si alternavano a momenti di totale assenza dei quali non ricordava nulla. Alle volte gli capitava di ascoltare il mondo attorno a se come se fosse sveglio, senza però poter interagire con esso.
    Sentiva abitualmente i passi di qualcuno che gli veniva a bagnare le labbra con degli unguenti o lo nutriva con erbe sotto la lingua. Lui non riusciva a muovere un arto, né ad aprire gli occhi. E' come se fosse stato in uno stato di perenne lotta intervallato da brevi momenti di tregua per poi ricadere nel limbo della magia.
    Una sera sentì la sottile tenda di lino che cominciò a sollevarsi ed un lieve vento lo accarezzò in viso. Gli parve di ascoltare delle parole ma era troppo confuso e debole per concentrarsi. Ebbe l'impressione che si trattasse della lingua magica del vento, ma nonostante tutti i suoi sforzi non riuscì ad andare oltre questa sensazione. Gilthanas pensò che quell'avvenimento avesse qualche connessione alla sua presenza in quella città sconosciuta, ma non ebbe alcuna conferma di ciò.
    Assorto nei suoi pensieri sentì una mano appoggiarsi sulla sua spalla che lo ridestò.
    Era Marion che gli disse:
    "Elfo, ti cercano"
    "Chi?" rispose lui,
    "A Dratan, fuori la città di Dratan, lungo la via est al tempio di Prokyon. C'è uno matto che ha preso in ostaggio alcuni cavalieri che parlavano di te. Dice che se non rivedrà Gilthanas vivo entro la prossima luna li ucciderà tutti".
    "Gilthanas scosse la testa crucciato", chi voleva fargli del male? Perchè lo cercavano?
    Rispose alla strega "Bene Marion, se mi cercano, non facciamo attendere nessuno.",
    "Può essere pericoloso Gilthanas..." disse a voce bassa l'amica,
    "Portami a Prokyon, Marion" con un tono di benevolo comando,
    "Bene, prepariamo i cavalli".

    Più ci si allontanava dalla città, e più ci si avvicinava a Dratan, tanto più il paesaggio tendeva ad inaridirsi. Le ricche foreste di Juno lasciavano il posto a deserti con vegetazioni malate e sporadiche. Il territorio non era protetto: le dee dell'oscurità dopo il loro ultimo passaggio avevano maledetto tutte le creature del posto. Le volpi, solitamente esseri mansueti e furtivi, erano divenute creature diaboliche che aggredivano chiunque le avvicinasse. I cervi smisero di nutrirsi di erba per nutrirsi di carne, orde di soldati e capitani vennero tramutati in orribili Goblin resi schiavi sotto il servizio del Chaos.
    Gilthanas e Marion galopparono rapidamente attraverso quelle dune cercando di evitare gli attacchi di questi esseri, costeggiando la via est, vicino la grande statua del re ormai crollata.
    Il tempio un tempo era meta di grandi pellegrinaggi. Da ogni parte le genti ivi si recavano per contemplare le loro divinità. Fu costruito in onore di Prokyon il Dio della pace. Era sempre pieno di sacertoti e numerose preghiere vennero proprio scritte li dentro. Ora era occupato da Orchi di ogni genere, Ghoul e quotidianamente era scontro di eroi che invano tentavano di liberare il tempio dalla presenza del Chaos.
    L'entrata era poco luminosa. Sul muro gli affreschi sacri erano macchiati di sangue. L'odore acre di carne putrefatta faceva da cornice ad un tempio che ormai era impregnato di malvagità.
    Urla di dolore rimbombavano tra i corridoi umidi rendendo impossibile capire da dove provenissero.
    Un giovane corse verso Gilthanas gridando "Aiutami ti prego" ma prima ancora che l'elfo potesse intervenire, il ragazzo era già a terra sopraffatto dagli orchi.
    Un manipolo di uomini parlava con voce sommessa in un angolo.
    Gilthanas si avvicinò loro ed esordì:
    "Chi mi cerca?"
    "Non rompere" risposero senza neanche voltarsi.
    L'elfo fece finta di non ascoltare e ripeté con voce più solenne:
    "Sono Gilthanas di Qualinesti, qualcuno mi cerca?",
    a quelle parole il gruppo di persone si girò verso di lui stupito, lo studiò ed uno di loro disse:
    "Sei tu quello che ha ucciso il drago? C'è uno li dentro arrabbiato con te, per poco non ci abbiamo rimesso la pelle".
    L'elfo avvertì un improvviso senso di smarrimento misto a curiosità. Voleva capire chi fosse questo matto e cosa cercasse da lui. Poi un componente del gruppo, il più magro e piccolino prese la parola:
    "Stavamo parlando dell'uccisione del drago del nord mentre sgombravamo l'entrata dai ghoul ed un titano si è intromesso nel discorso. Alcuni hanno detto di averti anche incontrato in città e non appena lui ha sentito questo ci ha detto di portarti da lui altrimenti avrebbe fatto un mosaico con i nostri corpi. Noi abbiamo detto di no, che non erano fatti nostri ma lui Ha cominciato a scaraventarci addosso gli orchi di peso, costringendoci ad eseguire i suoi ordini. Ha permesso a tre di noi di uscire per venirti a chiamare ma mentre stavamo per tornare in città una strega è apparsa e ci ha detto di restare qui ad attenderti e noi stiamo aspettando come chiesto da lei".
    Marion, pensò Gilthanas sorridendo.
    "Portatemi da lui" disse l'elfo.
    Quello che appariva come capo gruppo si incamminò sguainando i suoi coltelli verso il corridoio ad est. Si muoveva rapidamente ed i ghoul cadevano rapidamente ai suoi piedi dopo i suoi rapidi colpi alla gola. Attraversarono due stanze prima di arrivare in un grande salone illuminato con delle scale che portavano ad un piano superiore: sembrava quasi un teatro.
    "Di qua" disse la piccola canaglia a Gilthanas. Gilthanas lo seguì.
    Entrarono in una stanza scura con due enormi statue guardiane ed un muscoloso guerriero era seduto sulle sui gradini fra di esse.
    "Ti ho portato Gilthanas ora ritienimi libero dal mio patto e liberi i miei amici" esordì la canaglietta con voce impaurita.
    Il titano si girò, vide l'elfo e lasciò cadere l'arma per terra; in quel preciso istante il gruppo di cavalieri se la diede a gambe levate.
    Il titano era Dancan.
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    Messaggio Da Gilthanas Ven 6 Ago - 15:28

    "E viva?"
    "Non lo so, ora controllo"
    "Respira?"
    "Si, respira"
    "Ma è un elfo o una donna?"
    "Non vedi le orecchie e gli occhi? E' un elfo."
    "Che brutta ferita che ha alla testa, ce la farà?"
    "Non credo, ma dipende"
    "Ma che ci fa qui in mezzo al sentiero?"
    "E che ne so. Non ce l'ho messa mica io"
    "Ma è una civile o una guerriera"
    "E' un'arcera non vedi la spilla?"
    "Hai visto a terra? Sembra un'orma di drago"
    "Si ho visto"
    "Secondo te c'entra con lei?"
    "Non credo"
    "Lo sai che il villaggio più vicino è a dieci giornate a cavallo?"
    "Si lo so"
    "Potrebbe essere arrivata qui con un drago e magari è caduta"
    "Si, potrebbe, ma non vedo ferite sul lato rivolto a terra. Sembra che sia stata adagiata dolcemente sul terreno. Questa alla testa è una ferita da taglio. Forse è stata attaccata ed è stata ferita"
    "Lo sai che se ti attaccano e vedono che respiri ancora ti finiscono"
    "Questo è vero"
    "E allora?"
    "E allora niente. Vieni, aiutami a caricarla sul carro. Proviamo a curarla"

    Atir venne caricata su di un carro di uomini che lentamente volgeva verso sud.
    Dopo numerosi giorni di marcia, e la costante premura di una vecchietta al suo fianco, pian piano riacquistò le sue forze.
    Appena cominciò a sentirsi meglio riflettè sugli ultimi eventi: ora si sentiva orgogliosa di custodire il sangue del drago, anche se non capiva bene cosa potesse significare. Spesso prendeva il ciondolo tra le mani analizzando lo strano liquido che non solidificava mai.
    I suoi pensieri spesso erano rivolti ai suoi amici: Gilthanas non lo vedeva più dallo scontro con il drago, in occasione del salvataggio in estremis. Ricordava di aver sofferto con lui, guardandolo a terra mentre il drago penetrava con i suoi artigli nella sua carne. Lei sferzò il cavallo più che potette per cercare di raggiungerlo in tempo ma arrivò tardi. Lui era già morto.
    Provò così tanto dolore, che le permise di invocare quella magia così potente da strappare dal buio l'anima del suo amico già in viaggio.
    Era la prima volta che ci riusciva. Sino a quel momento ignorava di averne le capacità.
    Poi la sua mente andò a Dancan e Morrigan che non vedeva dal momento del lancio disperato verso il fiume. Di lì in poi null'altro che confusione. Ricordò l'incontro con il drago di sangue. Pensò si fosse trattato tutto di un sogno ma poi c'erano troppe cose inpiegabili: chi l'aveva portata fin laggiù in così poco tempo?
    Lei per forza di cose era unita in questa spedizione che andava verso Randol in cerca di salvezza.
    I "carri" se così potevano essere chiamati, erano pieni di bambini, giovani e anziani di tutte le razze. Era una carovana della disperazione che procedeva a passo d'uomo verso una città a lei sconosciuta. C'erano per fortuna anche dei cavalieri in sella che scortavano le carovane nel suo lento percorso a difesa di eventuali attacchi, anche se bassi in numero e non ben corazzati.
    I giorni passavano ed Atir aveva fatto il possibile per rimarginare tutte le ferite, guarire i malati e sostenere i bambini che avevano perso le rispettive famiglie. Guardò il suo lavoro con soddisfazione in attesa dell'ultima grande traversata prima di Randol: Le foreste di Fandar. L'umore era buono.
    Un cavaliere dall'armatura lucente si avvicinò galoppondo al primo carro, dopo il solito giro di ricognizione. Atir cercò di capire cosa stesse riferendo: le piaceva essere informata di eventuali scelte prima degli altri; così era preparata alle innumerevoli domande che i viaggiatori le ponevano.
    Ormai lei era il loro riferimento.
    Poteva anche avvalersi di un valido aiutante: un ragazzino magro e sveglio dall'aria vispa: "Chiamami Rod", disse il piccolo e valoroso condottiero.
    Non aveva nè madre nè padre e ormai si era affezionato talmente alla sua guaritrice da ritenerla la sua nuova mamma. Indossava al collo un enorme collana di ottone che gli arrivava fin sotto la vita, che lo faceva apparire ancor più minuto. Era sempre orgoglioso di sfoggiarla da quando Atir le disse che apparteneva a suo padre, grande condottiero. Suo padre era un titano di cui si persero le tracce durante l'ultima missione contro il chaos prima della partenza della carovana. Rod venne caricato sul carro affinchè almeno un componente della sua famiglia potesse salvarsi.
    Quella collana Atir la ricevette in dono da un titano del terzo carro che aveva perso moglie e figli. Lui gliela volle regalare in segno di gratitudine per le cure ricevute. Atir in un primo momento non accettò, ma quando il titano le disse:
    "E' una collana eroica, donala a qualcuno più eroico di me"
    pensò subito al suo piccolo amico Rod ed accettò.
    Lei mentì a fin di bene, e vedere il sorriso del piccolo le riempiva il cuore.

    "Dobbiamo attraversare il bosco ma ci sono molti banditi ed assassini nei dintorni." Riferì il cavaliere
    "Non abbiamo altra scelta, Destructor" rispose il capo-carovana.
    "Se non ci fermiamo potremo affrontarli con la luce ed accamparci in un piccolo villaggio a valle per la notte."
    "E così sia cavaliere. Raduna le tue forze. Io dirò a tutti di non fiatare. Forse non si accorgeranno di noi"
    "Bene, avviso i miei cavalieri di prepararsi alla battaglia". Speronò il cavallo e si diresse verso gli altri cavalieri per fornire loro le direttive.

    Il volto del capo-carovana divenne scuro in volto. Atir potè quasi leggere i suoi pensieri: preoccupazione, paura e morte erano il minimo che si potesse intuire.
    Un brivido attraversò la guaritrice quando pensò ai civili: "Come avrebbero fatto se le difese non avessero retto?".
    "Atir guarda!" irruppe il ragazzino.
    Imbracciava un ramo di quercia come fosse una spada. "Io sarò il tuo cavaliere!"
    Atir rispose con un sorriso forzato cercando di nascondere i timori appena sorti.
    Le arrivò presto il passa-parola di tenere il silenzio sino al suono del corno. L'unico rumore che si avvertiva era generato dalle ruote di legno che schiacciavano le foglie del bosco sempre più fitto. I versi degli animali della boscaglia erano frequenti e accompagnavano l'ansioso percorso dei carri. I cavalieri facevano cerchio attorno a loro con la spada sguainata. C'era agitazione, paura e ansia nell'aria. Atir era una camminatrice. Putroppo capì che qualcuno li stava osservando. Sperava in cuor suo si trattasse solo di qualche sporadico ladro in cerca di pochi quattrini. Avrebbero potuto rapidamente risolvere senza spargimenti di sangue. D'un tratto cambiò tutto:
    Un coltello vibrò nell'aria e colpì dritto al collo del cavallo di Destructor recidendo l'arteria più importante. Il cavallo nitrì e cadde rapidamente disarcionando il cavaliere. Si udì un urlo: "Otakai!"
    Veniva dagli alberi che sembrava si fossero animati improvvisamente. Uscirono numerosi banditi mimetizzati tra i loro rami che presero a lanciare coltelli e freccie verso la carovana. Aimè non fecero distinzione tra cavalieri e civili. Anche Atir venne bersagliata, ma con agilità riuscì ad evitare l'impatto. I cavalieri, straniti in un primo momento, ora agivano coordinati per il contrattacco. I cavalli che trainavano i carri vennero frustati per uscire il più rapidamente da quella situazione. I banditi avevano il vantaggio dell'altezza: dagli alberi potevano colpire senza essere colpiti. Destructor si alzò rapidamente da cavallo e si proiettò con un urlo verso gli aggressori con la spada pronta a colpire. Colpì un bandito recidendogli la gola ferendolo a morte e poi si mosse verso quello più prossimo colpendolo con l'elsa della spada sulla testa. I suoi cavalieri lottavano senza sosta ma sembrava che gli aggressori sbucassero perfino da sotto terra. L'uscita della foresta era ancora lontana ed ora viaggiava praticamente sola perchè i cavalieri erano bloccati a combattere. I bambini cominciarono a piangere ed Atir fu presa dall'ansia di vedere l'uscita di quel terribile bosco di morte.
    Un gruppo di assassini a cavallo seguì la carovana disinteressandosi dei cavalieri. Il capo-carovana buttò giù dal carro una cassa con dell'oro nella speranza di ottenere la salvezza. Un cavallo del loro gruppo vi incespicò ruzzolando su se stesso, portandosi dietro altri due del gruppo. Ce n'erano però almeno altri dieci e loro non avevano armi. Atir tirò fuori dei frutti dalla cassa dei viveri e cominciò a bersagliare quegli uomini spietati. Ci riuscì con due di loro e cominciò a distribuire tutto ciò che poteva esssere lanciato a tutta la gente del suo carro.
    Ormai gli spietati erano quasi arrivati al primo carro. Se fossero riusciti a fermarlo sarebbe stata la fine di tutti. Atir si risentì un po' sollevata quando scorse i cavalieri che si stavano ricongiungendo alla carovana. Erano però dimezzati nel numero.
    Destructor era di nuovo su di un cavallo. Ormai aveva quasi recuperato il terreno perduto e puntava dritto verso gli aggressori.
    Quello che appariva come capo-banda virò bruscamente per bloccarsi e venne praticamente superato dai cavalieri in corsa. Per poco non venne investito da una ruota di uno dei carri che gli passò vicino. Ora i cavalieri erano di spalle e momentaneamente scoperti. La canaglia dimostrò un'agilità imprevista mettendosi in piedi sul dorso della sua bestia e proiettandosi all'interno di un carro. Un uomo si alzò rapidamente per colpirlo ma venne rapidamente messo fuori gioco da un taglio rapido della gola. Il piccolo Rod che era su quel carro si alzò in piedi urlando "Ti uccido!" brandendo la sua spada di legno ma subì un forte calcio sul volto che lo fece precipitare giù dal carro in corsa.
    Il resto dei passeggeri non si mosse.
    Atir sentì una fitta al cuore quando vide il piccolo Rod ruzzolare via dal carro in corsa e venne assalita dalla disperazione. Un'immensa rabbia la pervase e il suo cuore urlò di dolore. Emerse il suo spirito guerriero. Si mosse agilmente tra i passeggeri del suo carro e saltò sul carro successivo adiacente. La canaglia era sul carro successivo e si accorse del suo arrivo. Mise in tasca una mano per prendere qualcosa ma Atir capì che doveva agire prima di lui. Con soli tre passi attraversò l'intera lunghezza del mezzo e si lanciò nel vuoto contro l'avversario avvinghiandosi alla sua vita. Caddero ambedue sul fondo. I passeggeri presero coraggio e due di loro si alzarono e bloccarono le braccia del furfante. Atir con gli occhi di lacrime lo colpì più volte in volto in una furia di tristezza. La canaglia perse i sensi e lei smise di colpirlo. Il suo pensiero si rivolse subito al piccolo Rod: una creatura inerme e senza colpa, vittima di un essere senza anima. L'aveva perso per sempre. "Che la sua anima possa ritrovare i suoi genitori" pensò con tristezza la guaritrice.
    Intanto i cavalieri avevano sopraffato i manigoldi e carri cominciarono a rallentare la corsa; il sole cominciava a scendere all'orizzonte e l'assalto era ormai superato.
    La situazione era tragica: ogni carro portava feriti e morti. Tutto il lavoro di Atir era stato annullato in un solo colpo; attese che i carri si fermassero per accamparsi per organizzare le cure del caso.
    Lei non aveva scelto di essere li ma pensò, in cuor suo, che ormai quella era una sua missione: doveva restare con loro ed accompagnarli a destinazione; si rimboccò le maniche e si mise a lavorare con enormi energie, prodigandosi sino allo svenimento, senza mai mollare.
    Non sapeva quando il suo viaggio sarebbe terminato nè ci pensava; dimenticò perfino i suoi amici. Ora era troppo concentrata sui suoi "nuovi" amici.
    "Gente senza cuore unita da princìpi vergognosi.", rifletté Atir fra se.
    "Come è possibile che ci sia gente così malvagia?"
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    DRAGONLANCE: LE ORIGINI DELLA STORIA Empty Re: DRAGONLANCE: LE ORIGINI DELLA STORIA

    Messaggio Da Gilthanas Ven 6 Ago - 15:29

    L’aria era fresca e il cammino era spedito in quelle terre inabitate. Dancan e Morrigan decisero assieme di raggiungere le terre di Juno per organizzare un vero contrattacco alle orde del Chaos. Erano a piedi e ciò non gli permetteva né di muoversi rapidamente né di caricare viveri a sufficienza per affrontare il loro lungo viaggio. Risalirono il fiume verso nord nella speranza di trovare qualche accampamento utile ai loro scopi ma dopo molte giornate di cammino non videro nulla se non rocce levigate dall’acqua e vegetazione spontanea.
    Il titano fremeva dalla voglia di affrontare il suo nemico. Portava con se un forte ottimismo che costantemente riusciva a trasmettere alla sua amica.
    “Ci chiameremo Cavalieri del Drago”, argomentò Dancan rompendo il silenzio,
    Ma Morrigan rispose “Ma il drago l’abbiamo ucciso, Dan” ribattè la maga
    “Allora ci chiameremo Ammazzadraghi”
    Morrigan sorrise a quella sua ultima frase e rispose cambiando discorso:
    “Dan, ma tu pensi che ce la faremo davvero?” questionò Morrigan
    “Certo, Morrigan. Appena ritroveremo Gilthanas, organizzeremo l’esercito. Dobbiamo solo trovare gli uomini. Io mi preoccuperò di combattere, l’elfo è in gamba come capo. Ricordi la tattica per eludere gli inseguitori ed uccidere il drago? Fu una sua idea ed ha funzionato alla grande. Vedrai che andrà tutto come previsto.”
    Finalmente all’orizzonte videro una spira di fumo che si levava da un camino, alcune capanne raggruppate facevano intendere di aver raggiunto finalmente ciò che cercavano: un piccolo villaggio si affacciava sul fiume in un atmosfera di idilliaca tranquillità.
    Arrivati sul piccolo sentiero principale cercarono subito di mettersi in contatto con qualche commerciante per barattare quel che avevano con cavalli e armi.
    Dancan non ebbe dubbi: si recò dal primo rigattiere e barattò la lacrima che aveva al collo in cambio di una notevole quantità di oro. Fu sufficiente per comprare due cavalli, due discrete armi e delle pozioni per il viaggio. Parlando con lo stalliere ottennero preziose informazioni per arrivare a juno: c’erano due percorsi, ambedue avevano un sentiero comune ma, mentre uno, più sicuro, prevedeva l’aggiramento della valle di merak e l’arrivo dal lago di juno, l’altro tagliava attraverso il bosco infestato e portava dritto a Randol. Avrebbero risparmiato due giornate di cammino.
    Morrigan non obiettò quando il titano aveva già deciso quale percorso seguire.
    Le notizie erano corrette: i due eroi galopparono senza intoppi sino al vulcano di Merak. Superato il grande fiume di lava sarebbero scesi a valle dove dovevano fare attenzione ai banditi e alle malfettatrici: uomini che avevano venduto la propria anima al chaos.
    La salita era ardua: il terreno nero, il calore e l’assenza di acqua rendevano la traversata molto difficile. Arrivati in cima furono costretti a costeggiare il lago di lava che si agitava alla loro sinistra. Il calore sprigionato dal suo ribollire infernale ed i gas asfissianti fecero rallentare notevolmente il cammino dei due guerrieri. La strada subì un forte restringimento: furono costretti ad incolonnarsi uno dietro l’altro; Dancan fece strada camminando lateramente strisciando la schiena sulla parete rocciosa e Morrigan lo seguì nei suoi passi. La lava era a meno di un metro di profondità da loro e l’aria era irrespirabile. Quando il piccolo sentiero accennò ad allargarsi Morrigan notò con sorpresa che a terra c’era una strana pietra triangolare con delle rune impresse sopra. Si piegò per raccogliere il curioso oggetto ma non appena lo alzò da terra sentì un rumore meccanico.
    ” No Morrigan! E’ una trappola!” gridò il titano.
    Ma era troppo tardi: Da una alta roccia della parete si staccò un pendolo micidiale. Un aguzzo tronco di albero legato ad una corda robusta si librarono in aria in direzione della maga con una velocità e precisione da manuale.
    “Spostati!” disse il titano
    La afferrò tra le braccia la maga in senso di protezione, frapponendosi tra l’ordigno e la sua amica.
    Il colpo giunse durissimo e terribile.
    Morrigan sentì le ossa della spalla destra del titano spezzarsi come una noce.
    L’abbraccio del titano improvvisamente si indebolì; i due si guardarono negli occhi: gli occhi di morrigan erano impauriti e sorpresi, quelli del titano dilatati dal dolore lancinante.
    Dancan barcollò e cadde sul lato destro e ciò lo liberò dal tronco che era penetrato tra i suoi muscoli. Ciò gli fece perdere l’equilibrio e scivolò oltre la strettoia di rocce. Cercò di appigliarsi a qualcosa per non cadere ma la spalla così ridotta non gli permise di fare presa e cadde nell’infernale lago di fuoco.
    Morrigan trasalì all’istante ed urlò di disperazione.
    In quel momento si affacciò una persona con il volto diabolico che guardava la scena con soddisfazione; fece per avvicinarsi ma la maga in preda alla collera più assoluta alzò gli occhi al cielo invocando gli spiriti del fuoco ed un enorme mano di lava uscì dal lago che afferrò l’aggressore e lo trascinò giù tra urla di dolore e paura.
    La maga si guardò attorno e non c’era nessun altro. All’istante guardò il lago alla sua sinistra nella speranza di vedere qualcosa di impossibile. Le lacrime le offuscarono la vista e si sedette su di un lato. Era lei che doveva morire ed il suo amico Dancan si era immolato per lei.
    Pianse a singhiozzi con gli occhi puntati verso il ribollire del terribile lago.
    Poi qualcosa accadde: una mano con la pelle ricoperte di scaglie uscì dal liquido ed afferrò una roccia.
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    Messaggio Da Gilthanas Ven 6 Ago - 15:29

    La pelle Dancan....
    La pelle è dentro di te...
    Custodisci la pelle del drago!
    La pelle del drago ti guiderà.
    La pelle del drago ti segnerà la via.
    La pelle è l'essenza... la via... la magia...

    Dancan aprì gli occhi e visse l’inferno. Era tutto un incubo, non poteva essere vero. Sarebbe dovuto morire all’istante. Sentì le sue membra quasi disgregarsi nel terribile calore della lava. Sentì un dolore divorarlo in tutto il corpo. Dopo pochi istanti però si rese conto che non veniva da fuori ma da dentro il suo corpo.
    Quelle parole da dove venivano?
    Ogni suo lembo di pelle cominciò a bruciargli. Pensò che il suo corpo si stesse sciogliendo. Poi cominciò ad avvertire un’energia dentro di se che gli stava ridonando forza. Sempre più forte, sempre più resistente. Il dolore cominciò a localizzarsi fuori di lui sopra la sua pelle. Il titano comprese che qualcosa di incomprensibile stava accadendo.
    “Dancan Custodisci la pelle del Drago”
    Il dolore cominciò a cessare. Riuscì a vedere le sue mani ricoperte di scaglie che nuotavano nella lava. La spalla non gli faceva più male. Nuotò sino la superficie, tirò fuori una mano ed afferrò una roccia che utilizzò per tirarsi fuori da quell’inferno.
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    Messaggio Da Gilthanas Ven 6 Ago - 15:29

    Dancan si tirò fuori dal lago e guardò Morrigan. Lei era sia felice che impaurita: come poteva essere sopravvissuto il suo amico a quel calore infernale? Inoltre, cos’erano quelle scaglie di pelle bestiali che ora stavano già scomparendo?
    Morrigan capì che qualcosa era accaduto. Da maga qual era poteva avvertire tutti gli eventi nei quali le forze occulte entravano a far parte del mondo reale e questa era una di quelle.
    “Non so cosa sia successo Morrigan, né voglio saperlo” esordì Dancan.
    L’argomento non fu più trattato. L’importante era che Dancan era salvo. I due si accamparono subito dopo la discesa verso la valle: non avevano più i cavalli ma la destinazione, secondo ciò che gli era stato detto, non doveva essere troppo lontana.
    Il fuoco era acceso per permettergli di affrontare la notte. Consumarono un po’ di carne secca che avevano nello zaino e discussero:
    “E’ come se qualcosa si sia impadronito di me…” disse Dancan
    “Ossia? Uno spirito?” rispose Morrigan
    “No, come un’energia non mia ma che è divenuta mia”
    “Deve essere stata forte per averti salvato da quella orribile morte”
    “Fortissima, non immagini quanto. Forse quel lago è magico?” chiese il titano cercando di dare una spiegazione all’accaduto,
    “No, Dancan. Non lo è, ne sono certa.”
    Dancan in cuor suo sapeva anche lui che non era così. L’energia proveniva da lui. Si ricordò la sensazione di potenza che gli pervase tutto il corpo. Lui era un titano ed era resistente ma quella forza invisibile aveva cambiato qualcosa in lui per sempre.
    Mentre i due erano assorti nei loro pensieri e la stanchezza cominciava a chiedere riposo, avvertirono un rumore. Dancan si mise subito in piedi e strinse la sua ascia tra le mani. Aguzzò l’udito e sentì chiaramente il nitrito smorzato di un cavallo. Sentì chiaramente una persona che bisbigliava nell’orecchio del cavallo di tacere.
    “Chi va la!” tuonò il titano nel silenzio della notte, senza ottenere risposta alcuna.
    Dancan fece tre passi verso il buio, mentre Morrigan raccoglieva la sua bacchetta, e ripetette:
    “Chi va la! Vieni fuori!”,
    ma non vi fu nessuna risposta.
    Sentivano di essere osservati ed avevano anche capito da quale parte del bosco. La tensione poteva essere tagliata con un coltello.
    La maga soffiò sul palmo della sua mano verso il punto buio ed una fioca luce brillante rischiarò un po’ la zona nera. Videro chiaramente un cavallo nero ed una persona con un mantello di iuta che teneva le redini fra le mani. La persona misteriosa capendo di essere stata scoperta si fece avanti apparendo nella luce.
    “Sono Naradyr e vengo in pace” esordì la figura ignota.
    Dancan sentì che la sua voce era femminile e sincera, tuttavia non abbassò la guardia nonostante le rassicurazioni ricevute: erano state tante le occasioni in cui canaglie avevano utilizzato questi metodi per colpirlo a tradimento.
    “Io sono MorriganYubel” rispose la maga cercando di instaurare un dialogo, “Veniamo dalle terre di Nosondir, siamo diretti a Randol”.
    “Cosa ci fate in questo bosco da soli?” Chiese la donna, “E’ un bosco pericoloso”.
    “Se è pericoloso per noi è pericoloso pure per te” ribadì il titano.
    Naradyr si voltò verso il titano capendo che non aveva ancora la sua fiducia ed aggiunse:
    “Io posso aiutarvi a raggiungere la città di Randol. Conosco la via più breve.”
    “Perché ci dovresti aiutare? Cosa vuoi in cambio?” chiese Dancan
    “Ho perso la mia famiglia ieri notte. Banditi hanno saccheggiato e bruciato la mia casa; Io e mia sorella Crysania siamo fuggiti nel bosco in cerca di salvezza ma abbiamo subìto un agguato e lei è stata rapìta; poi è scesa la notte, ho visto un fuoco in lontananza e vi ho raggiunti”.
    “Hai bisogno di protezione dunque?”
    “Solo per questa notte. Domattina anche io andrò a Randol e potrò riorganizzarmi per cercare mia sorella.”
    “Ti inseguono?”
    “Non credo, titano” disse Naradyr per sottolineare il fatto che non si fosse ancora presentato.
    “Chiamami pure Dancan” tagliò corto lui “Puoi restare con noi per stanotte, ma dovremo fare dei turni di guardia. Qualcuno potrebbe essere sulle tue tracce. Io farò il primo turno”
    “Grazie Dancan”, concluse Naradyr accennando un sorriso.
    Era la prima volta che il titano notava i tratti femminili della donna. Aveva la corporatura di una guerriera, snella ma solida che si notava appena sotto il suo grezzo mantello marrone. Il suo sorriso illuminò il suo volto che sino ad un istante prima appariva duro e preoccupato.
    Naradyr prese posto tra i due vicino al fuoco e dancan le pose un pezzo di carne secca che lei accettò senza fare complimenti.
    Il turno di Dancan filò liscio. Poi fu la volta di Morrigan che in totale silenzio vegliò su di loro.
    D’un tratto si sentì Naradyr urlare di dolore. Morrigan si voltò per guardarla e vide che aveva un dardo infilato nella gamba. Dancan balzò in piedi, guardò rapidamente negli occhi la donna ed estrasse rapidamente il proiettile dalle sue carni, che gemette dal dolore. Capì subito che si trattava di un dardo avvelenato. Naradyr era già impallidita.
    Spuntarono dal buio 4 figure scure, una di esse brandiva una balestra; sicuramente era stato lui a sparare il colpo preciso. Dietro di loro apparirono delle imponenti figure con i capelli lunghi e sporchi che sorridevano come se avessero visto un lauto pranzo.
    “Morrigan prendi Naradyr, vai sul cavallo e corri verso un guaritore. Non hai molto tempo. Và.” Disse Dancan senza guardarla negli occhi.
    Morrigan eseguì alla lettera. Rapidamente si ritrovò sul cavallo con la donna sul dorso davanti a lei e sferzò la bestia per scappare. Uno dei quattro fece un sibilo con la bocca e dal buio apparve un gruppo di donne scure che sorrisero con aria famelica.
    La maga cominciò a galoppare nel buio e le malfettatrici la seguirono a loro volta.
    Dancan ripose la sua attenzione sugli aggressori: lanciò un fortissimo urlo di guerra e si buttò nella mischia impavido.
    Gli aggressori quasi indietreggiarono per tale foga, poi rendendosi conto di essere più numerosi contrattaccarono frontalmente il titano: sottovalutarono l’avversario.
    Il titano ha qualcosa che gli altri non hanno.
    Il titano non ha paura di morire.
    La morte più onorevole per un titano è in battaglia.
    Queste parole risuonarono nella mente di Dancan mentre la sua ascia fracassò il primo cranio di un Berseker: erano le parole di suo padre.
    Il titano ha il cuore impavido,
    il titano non sente dolore…
    e Dancan diede una testata ad un bandito che si era avvicinato a lui per infilargli il coltello nel cuore.
    Il titano non ha avversari più forti di lui,
    Il titano può sconfiggere chiunque
    e Dancan fece roteare la sua ascia tagliando di netto la testa del bandito con la balestra.
    Il titano ha la forza di dieci uomini,
    Il titano spacca la roccia
    Il titano solleva la montagna
    E Dancan infilò la lama della sua ascia nel ventre di un altro Berseker che si aprì in due.
    A quella scena i restanti si guardarono impauriti e fuggirono nel buio.
    Vuoi essere un titano, Dancan?
    “Si, Padre.” Rispose Dancan ansimante.
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    Messaggio Da Gilthanas Ven 6 Ago - 15:29

    Morrigan sferzò il cavallo a più non posso. Corse nel buio puntando le flebili luci in fondo alla vallata: una volta arrivata lì, avrebbe avuto buone probabilità di trovare aiuto. Naradyr ormai era priva di sensi e la maga fece molta fatica per tenerla sul dorso del cavallo al galoppo. Dietro di lei poteva intuire la presenza di almeno cinque inseguitori; putroppo si stavano avvicinando sempre di più. Poteva sentire il crepitìo dei loro zoccoli sempre più a portata di tiro: se l’avessero raggiunta sarebbe stata la fine di Naradyr e forse anche la sua. Correva nel fitto della boscaglia sempre più in preda al panico, i rami le ferivano il volto ma non si curava minimamente dei graffi ricevuti. Correva senza voltarsi, correva contro la morte.
    “Resisti donna” pensò la maga guardando il braccio a penzoloni della donna.
    D’un tratto la boscaglia si diradò e Morrigan si trovò davanti un’enorme distesa paludosa: fu in quel momento che sentì un brivido freddo attraversargli le ossa: la palude non poteva che favorire i suoi inseguitori; lei aveva un cavallo che portava due persone e le zampe del destriero sarebbero sprofondate abbondantemente nel terrendo fangoso rendendo vana la fuga.
    Le malfattrici capirono subito che per loro si stava profilando il momento tanto atteso: cominciarono a galoppare formando una linea molto ampia nel tentativo di superare la preda dai lati ed accerchiarla.
    Morrigan capì che non doveva permettere di farsi superare, diede l’ennesima sferzata al cavallo nella speranza di galoppare più in fretta, il cavallo nitrì di dolore per la frustata ricevuta ma non potè correre più di quanto già non stesse facendo. Il sudore della bestia era evidente e la schiuma biancastra nella sua bocca indicò che non avrebbe retto ancora molto.
    Era un gran bel cavallo, forte, muscoloso ed alto; non mollò, continuò a correre con determinazione strappando le zampe dal fango senza fermarsi.
    Morrigan avvertì come se il cavallo fosse a conoscenza che la vita della sua padrona dipendesse da lui e non cedette; diede un’ulteriore, rapida occhiata a Naradyr e vide che la sua pelle al chiarore della notte aveva assunto un colorito plumbeo. Il tempo stava per finire e la sua missione volgeva verso un triste epilogo.
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    Messaggio Da Gilthanas Ven 6 Ago - 15:29

    Morrigan cominciò a confondersi. Sentiva solo l’incessante rumore delle zampe del cavallo che la sospingevano verso l’arrivo. Tutto divenne buio, tutto divenne strano. Fu in quel momento che sentì rimbombargli in mente quelle strane parole:
    Le Ali Morrigan....
    Le Ali sono dentro di te...
    Custodisci le Ali del drago!
    Le Ali del drago ti guideranno
    Le Ali del drago ti segneranno la via.
    Le Ali sono l'essenza... la via... la magia...

    La maga cominciò a sentire un’esplosione di energia rimbombargli nella testa. Perse il senso dell’orientamento. Non vide più le luci davanti a se. Tutto divenne ancor più confuso come in un sogno. Non sapeva più neanche se stesse respirando. Non sentì il battito del suo cuore. Avvertì un fortissimo senso di disorientamento che le portò quasi nausea. Avrebbe voluto fermarsi per respirare ma non poteva farlo. Qualcosa era in atto. Poteva avvertirlo, poteva sentirlo.
    Il cavallo divenne sempre più leggero e cominciò a correre sempre sempre più veloce: capì che stava seminando gli inseguitori. Sentì l’aria fresca accarezzargli il viso tumefatto dalle ferite. Il suo cavallo in una naturale corsa, si levò da terra lentamente e cominciò a correre nell’aria leggero. “Custodisci le ali del Drago” sentì di nuovo. Ora stavano galoppando nel vento.
    Vide l’aria alla sua destra e alla sua sinistra prendere forma come se due enormi ali stessero battendo libere nel vuoto. Era veloce e leggera. Vide le malfattrici dall’alto sorprese, ancor più di lei. Era salva grazie a questa incredibile energia sprigionata da se stessa.
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    Messaggio Da Gilthanas Ven 6 Ago - 15:30

    Il cavaliere, aiutato dalla sua neofita ancella, indossò prima il corpetto, poi infilò il gambiere e gli stivali, infine le manopole.
    “Le sue armi” disse la ragazza porgendogli le spade gemelle lustrate e brillanti.
    Lui le afferrò dall’elsa e la infilò nella cintura, prima una e poi l’altra, facendo sibilare l’acciaio con l’attrito. Pensò che poteva essere l’ultima volta che ripeteva quel gesto. Non aveva mai affrontato una sfida all’ultimo sangue ed avrebbe voluto attendere ancora un po’ prima di doverlo fare, ma il suo onore lo obbligava a non fuggire. Strinse tra le mani il fazzoletto che la sua donna le regalò con il ricamo del suo nome, accarezzò le lettere scritte con dedizione, come a voler ricordare i momenti in cui la vedeva alle prese con ago e filo; strinse il piccolo pezzo di stoffa e lo infilò dentro l’armatura.
    Da quando Crysania fu rapita, lui non faceva altro che vivere per ritrovarla; ora poteva punire colui che gli aveva causato tanto dolore.
    Non avrebbe mai pensato che quel ragazzo che appariva tanto simpatico e vispo al padre della sua donna, avrebbe potuto fare una cosa del genere per poche corone d’oro. Lui aveva fornito loro l’occasione perfetta per l’assalto: con un semplice stratagemma fece in modo che padre e madre si trovassero assieme in casa al momento stabilito; ciò permise l’avvicinamento degli aggressori alla vecchia capanna in piena tranquillità.
    Crysania e sua sorella Naradyr non erano in casa in quel momento; quando videro la casa in fiamme ed il padre e la madre bloccati dentro a bruciare vivi, non poterono neanche tentare di salvarli: i banditi vedendole arrivare si organizzarono rapidamente per acciuffarle. Naradyr però, abile cavallerizza, riuscì ad eludere il primo assalto facendo strada alla sorella, più giovane e inesperta. Le due ragazze però vennero raggiunte nel bosco di Merak ed in quella occasione, Crysania sparì nel buio con loro.
    Il vero motivo di tale tradimento non fu mai spiegato, ma non aveva tanta importanza; molte vite cambiarono drasticamente da quella terribile e drammatica giornata.
    Il cavaliere si fece passare l’elmo che infilò sulla testa, abbassò la visiera e si incamminò verso l’arena: il vincitore sarebbe rimasto vivo.
    L’arena era gremita, il pubblico sugli spalti rumoreggiava; urla e scherni si udivano dalle genti accorse per assistere all’evento. La giornata era luminosa e non vi era neanche una nuvola in cielo, gli stormi di uccelli si libravano nell’aria in una giocosa festa di movimenti.
    Quando arrivò vide che tutti lo indicavano: capì che i commenti erano tutti a suo favore ma i pronostici tutti contrari.
    L’avversario, che lui conosceva con il nome di Sam, era molto più forte di lui. Nonostante la sua famiglia fosse di umili origini e dedita alla pesca lui si apprestava a divenire cavaliere grazie all’aiuto della stessa persona che avrebbe poi fatto uccidere. Forse c’era un segreto che volle nascondere, forse fu solo avaro o c’è chi vociferava che fu proprio lui il mandante.
    Camminando nel corridoio che portava alla piazza dell’arena il rumore degli stivali metallici risuonava sul pavimento pietroso. Il giovane cavaliere, con gli occhi della sua Crysania nella mente, era concentratissimo a tal punto da non sentire più il pubblico accorso.
    Uscì dal lungo corridoio e si ritrovò nella luminosa piazza aperta con i piedi nell’arenaria; dinnanzi a se solo lui; al pensiero di aver forse perso per sempre la sua donna, la sua vita, la sua unica ragione di esistere, sentì l’odio crescere dentro di se. La sua inesperienza, la sua giovine età non lo preoccupavano: voleva solo combattere e punirlo.
    Gilthanas ricevette la notizia dell’imminente scontro e vi andò con la sua amica Marion che gli raccontò la storia per sommi capi: si misero a guardare da un punto alto della gradinata.
    “Perché non ci siamo seduti più lontano?” chiese ironica la strega all’elfo
    Ma Gilthanas le sorrise facendo capire che da li vedeva benissimo.
    “Questo elfo un giorno di questi mi farà perdere la pazienza” pensò fra se la strega con un leggero sorriso degli occhi.
    Restarono in silenzio nel marasma generale; forse furono gli unici ad osservare il combattimento in tale compostezza.
    Sam partì subito all’attacco quando ancora l’avversario era a pochi passi dall’uscita del tunnel: sapeva di essere più forte ed il suo intento era quello di ferirlo rapidamente per poi giocarci con più calma al fine di divertire la folla ostile.
    Il cavaliere si lanciò di un lato evitando l’impatto con un una capriola nella sabbia chiara. Tirò fuori le spade e si rimise in piedi con un gesto agile. Sam lo ripuntò cercando di scoccargli un colpo a sciabola per disarmarlo e vi riuscì in parte. La spada sinistra sfuggì dalla mano del giovane innamorato lasciandolo con una sola arma. Il traditore vide che il combattimento stava andando come aveva previsto un diabolico sorrisetto apparve sul suo volto.
    Il cavaliere, ancora stordito dalla rapidità degli attacchi fece tre passi indietro per riorganizzare le idee. Cominciò a sentire un po’ di tremore alle gambe. L’armatura cominciò a diventare pesante e si tolse l’elmo per vedere meglio. I suoi capelli biondi zampillarono alla luce ed i suoi occhi di ghiaccio non si mossero dagli occhi del suo avversario.
    Gilthanas vide chiaramente la determinazione di quel ragazzo: era molto giovane, non avrà avuto più di venti anni umani. L’elfo si fece prendere dall’emozione e disse alla sua amica:
    “E’ molto giovane, se continua così non ce la farà”
    “Ma lui porta dentro di se la forza della vendetta e nulla è ancora detto” rispose Marion.
    Il dialogo si concluse così; spesso tra loro ci si parlava in questo modo essenziale.
    Sam balzò come un felino sul ragazzo che indietreggiando gli diede un colpo con il gomito sul volto: ciò generò un boato tra la folla che lo innervosì.
    Il giovane cavaliere prese coraggio: si mise in posizione da schermidore con la mano disarmata sul fianco e disse a voce alta:
    “Tu Sam il pescatore, chiedi perdono ed avrò pietà di te”.
    La risposta fece salire la collera sul volto del traditore che con uno slancio fulmineo schivò la lama dello sfidante e lo colpì alla spalla affondando un fendente della sua lama.
    La folla si preoccupò all’istante: tutto stava andando come previsto. Chi nutriva qualche speranza cominciò a rendersi conto che forse aveva esagerato.
    Il cavaliere ferito lasciò cadere la sua arma per terra e sfilò la lama dalla sua spalla, ruotandola, in modo da far perdere la presa a Sam che abbandonò l’elsa. Il pubblico si rinfiammò.
    Ora il giovane cavaliere innamorato aveva del sangue che colava dalla sua spalla sinistra, che scivolava placido sulla sua armatura metallica. Si piegò leggermente sulle gambe. Il pubblicò penso che stesse per cadere a terra in preda al dolore, ma non era così: il cavaliere lasciò la lama che teneva tra le mani e la impugnò dall’elsa rimettendosi stabilmente in piedi.
    Lo spavaldo Sam ora aveva perso l’arma ma godeva di un ulteriore, notevole vantaggio. Gli si avventò addosso ma stavolta fu prevedibile e ciò gli costò tantissimo. Sbilanciandosi in avanti il cavaliere vide chiaramente la sua guardia abbassarsi e schivando il colpo potè entrare di slancio sotto il suo mento.
    La sua spada entrò nel costato del traditore e il cavaliere sentì tutto il suo odio entrare con essa. Sam cadde a terra e guardò basito la lama dentro di se. Alzò gli occhi e vide la punta della lama davanti al suo naso.
    “Tu Sam il pescatore, chiedi perdono ed avrò pietà di te” gridò il cavaliere con evidente affanno.
    Sam appoggiò la testa a terra, capendo che era stato sconfitto.
    “Pietà” disse in tono umiliato
    In quel momento il cavaliere cadde sulle sue ginocchia e la vista si offuscò di lacrime. L’arena si riempì di gente che accorse per sollevarlo e festeggiarlo.
    E’ li Gilthanas udì il coro unisono della folla che acclamava il suo nome:
    “A-RIA-KAN! A-RIA-KAN!”
    L’elfo sorrise e, avvicinandosi all'orecchio di Marion, disse:
    “Ho bisogno di quel ragazzo”
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    Messaggio Da Gilthanas Ven 6 Ago - 15:30

    “Ancora pochi minuti e non ce l’avrebbe fatta” disse il guaritore uscendo dalla piccola stanzetta dove era sdraiata Naradyr.
    “il veleno stava per raggiungere il cervello. Una volta giunto li sarebbe stata la fine”.
    “Ma ora è salva?” chiese Morrigan preoccupata
    “Si ora lo è. Dovrà riposare qualche giorno dopodiché sarà come nuova”.
    “Posso parlarle?” chiese la maga
    “Si certo, l’importante è che non si alzi dal letto”. Rispose il guaritore indicando la tenda che divideva i due ambienti.
    Il tetto basso della capanna e il profumo di incensi accolsero Morrigan in una stanza piccola ma ben arredata; strani manufatti artigianali di legno erano appesi qua e la sulle pareti di legno donando un tocco fiabesco alla stanza che fungeva da piccola sala emergenze. Un lettino, fatto di paglia e stoffa accoglieva la donna che fino a poco tempo fa sembrava morta.
    “Grazie infinite” disse Naradyr sdraiata sul letto, vedendo l’amica arrivare.
    “Non mi ringraziare, sono stata molto fortunata” rispose Morrigan ripensando a quell’incredibile evento che le permise di arrivare sana e salva.
    “Dancan come sta?” chiese la donna
    “Se la sarà cavata, non ho dubbi a riguardo. Dancan ha la pelle dura” .
    “Vi ho messi nei guai, sareste potuti morire”
    “Ora siamo vivi no? Non c’è motivo per rammaricarsi di cose che non sono accadute”
    Naradyr alzò gli occhi come per ringraziare del conforto appena ricevuto.
    “Cosa ci fate qui?” chiese subito dopo
    “Come sai siamo diretti a Randol dove attendiamo l’arrivo di un amico. Attenderemo lui che ci dirà il da farsi”
    “Quando arriverà?” chiese incuriosita la donna che intanto si era messa a sedere.
    “Non lo so, Naradyr. Spero presto. Ma ora non ti crucciare troppo, rilassati, riposa e recupera le energie così tra pochi giorni sarai la donna di sempre”
    “…una donna che ha perso i genitori, la propria casa e la sorella. Non so cosa fare e da chi andare. So solo che non avrò pace sino a quando non ritroverò mia sorella e non avrò vendicato i miei genitori”
    “Sai combattere?” Chiese Morrigan
    “No”
    “E come farai a farti valere?”
    “Non mi perdo d’animo, troverò qualcuno che mi aiuterà e mi permetterà di imparare l’arte della guerra”
    Morrigan capì che lei poteva essere per Naradyr quell’aiuto che necessitava. Si fece avanti e disse:
    “Naradyr, se me lo permetterai potrò aiutarti. Quando il nostro amico Gilthanas arriverà potremo parlare con lui del tuo problema e decideremo assieme cosa poter fare”.
    Il volto di Naradyr si illuminò all’istante e disse:
    “Grazie infinite”, poi il suo volto si rabbuiò d’improvviso, Morrigan le si avvicinò stringendola tra le braccia e lasciò che sfogasse tutto il pianto che aveva tenuto dentro per tutto questo tempo.
    Gilthanas
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    Messaggio Da Gilthanas Ven 6 Ago - 15:30

    Ariakan era sul suo letto con la spalla rigidamente stretta in un solido bendaggio; fissava il soffitto sdraiato sul letto, ripensando allo scontro in arena senza poter credere di essere vivo. Sentiva i muscoli contrarsi ogni volta che ricordava Sam che gli si scagliava contro; poi si rendeva conto che ormai era finita e si rilassava. Purtroppo però questa vittoria non gli ridiede indietro la sua donna e il pensiero di lei in mano a dei banditi senza anima gli faceva venire i brividi dalla collera.
    “I tuoi pensieri fanno rumore” esordì la strega che apparve dall’ombra nell’angolo buio della stanza
    “Chi sei?” rispose Ariakan senza provare neanche ad alzarsi
    “Sono Marion la strega, porto un messaggio per te” disse la donna
    “Di chi?” rispose rapidamente il cavaliere pensando si trattasse di qualcosa inerente Crysania
    “…di un elfo di nome Gilthanas” rispose Marion deludendo le aspettative di Ariakan che continuò:
    “Gilthanas ha visto come combatti: con il cuore; ha detto che persone come te fanno la storia e ti chiede di aiutarlo a scrivere un nuovo capitolo assieme a lui”
    “Cosa dovrei fare?” chiese incuriosito il cavaliere
    “Innanzitutto incontrarlo; si troverà dal caporione reale all’ora della prima stella e ti aspetterà li”.
    Ariakan cercò di pensare al motivo di tale richiesta: cosa poteva volere un elfo da lui? Si girò verso la maga per porre un’altra domanda ma notò con meraviglia che era già sparita nel nulla. Si riaccasciò sul letto, diede una sbirciata al sole e si rilassò.

    Dancan, ormai ricongiunto con il suo amico elfo, si affidò totalmente a lui. Seguì il suo consiglio di dedicarsi a tempo pieno all’addestramento personale in attesa che i tempi fossero maturi: gli spiegò che se voleva davvero farsi temere doveva lavorare sodo. Il titano in verità già si sentiva forte e impavido ma poi, confrontandosi con altri guerrieri incontrati in città, si rese subito conto che la sua tecnica era per alcuni aspetti rude e andava affinata proprio come gli aveva suggerito Gilthanas.
    “Più forte sarai e più io sarò al sicuro” disse l’elfo al titano per convincerlo definitivamente.
    Il titano si recò quotidianamente da un rinomato maestro in città per ricevere preziosi insegnamenti ,e con dedizione e sacrificio, Dancan migliorò notevolmente le sue tecniche di attacco; al tempo stesso era impaziente: quotidianamente interrogava l’elfo per capire come stessero procedendo le attività; era chiaro che per raggiungere i loro obiettivi avevano bisogno di un esercito e per ottenerlo dovevano creare una gilda. Dancan non vedeva l’ora di combattere.
    Gilthanas si documentò sulle regole di costituzione di una gilda. Aveva bisogno di ori, e grazie a Marion non era un problema, di depositare uno statuto contente nome dell’organizzazione e regole, e lui pensò subito ai princìpi base della sua vita, e di una garanzia. Chiese informazioni circa questa garanzia in giro ma ottenne risposte poco precise e talvolta sbagliate. I caporione disse chiaramente:
    “Che qualcuno garantisca l’abilità dell’arma”.
    L’elfo non ottenne se non inutili e poco veritiere risposte. Chi poteva garantire e soprattutto cosa?
    Parlò con Dancan nella speranza che lui potesse aiutarlo ma da forestiero qual era, anche lui non seppe rispondere. Gilthanas rassicurò il suo amico che avrebbe risolto il problema: prima o poi avrebbe ottenuto le informazioni giuste.
    Poi un giorno rubò delle informazioni ascoltando due tipi sconosciuti che conversavano tra loro:
    “Ho deciso, io li lascio” disse il primo
    “davvero? Lasci la gilda?” domandò il secondo
    “Si, sono stanco di combattere da solo. Questa gilda non funziona”
    “E cosa farai?”
    “Creerò una mia gilda. Vado subito dal caporione ed organizzo la cosa”
    “Ma hai la garanzia?”
    “Ho partecipato più volte alle missioni di Procyon e ce l’ho già”
    Gilthanas cominciò a capire…ma continuò ad ascoltare l’interessante conversazione:
    “Ho trascorso più di un mese in missione al tempio ed ho ottenuto la garanzia dal cancelliere portando la roba richiesta: cento perle nere a dimostrazione dei sacerdoti vendicati. Quegli orchi maleodoranti hanno divorato gli antichi sacerdoti inghiottendo anche la perla nera della saggezza che portavano al collo: veniva consegnata loro il giorno della loro sacra ordinazione; se sei fortunato puoi trovarne alcune dentro i loro stomaci puzzolenti quando li uccidi. Io ne ho messe da parte molte durante la mia permanenza in questa gilda e ne ho sottratte molte più di cento”.

    L’elfo sentì abbastanza: pensò subito ad Ariakan nella speranza che accettasse l’invito ad incontrarlo. Marion sicuramente gli aveva già parlato ed il crepuscolo cominciava ad arrivare; vide la prima stella brillare nel cielo della sera, abbassò lo sguardo e vide un cavaliere ferito che camminava lento verso di lui.
    “Finalmente ho l’onore di conoscerti, cavaliere” disse Gilthanas al giovane
    “Piacere mio …Gilthanas?” domandò Ariakan per ricevere conferma di non aver sbagliato persona
    “Ariakan io conosco la tua storia” disse l’elfo che continuò “e vorrei che tu conoscessi la mia.
    I due parlarono per ore con la compagnia della luna; Gilthanas parlava e Ariakan ascoltava prima con curiosità e poi con sempre maggiore rispetto; poi l’elfo concluse:
    “Quindi ho bisogno di persone come te che mi aiutino”
    “Dimmi cosa devo fare, anche io voglio spazzare via dal nostro mondo questa incombente piaga. La mia spada è la tua” rispose Ariakan con un lieve inchino della testa
    “Cerca di ottenere la garanzia, raccogli cento perle nere nel più breve tempo possibile in modo che io possa dedicarmi al resto”.
    Ariakan si alzò in piedi e disse:
    “Sono pronto”.
    Gilthanas gli sorrise, gli appoggiò la mano sulla spalla ferita e disse con tono malinconico:
    “Se le mie care guaritrici fossero qui domani potresti già essere in cammino”
    Sentirono il corno risuonare dalla torre: era l’avvertimento di aprire il ponte levatoio. Gilthanas si affacciò per osservare oltre l’entrata e vide un’enorme carovana di carri carica di gente che si avvicinava all’ingresso della città. La carovana era guidata da un piccolo manipolo di cavalieri che sollevavano lo stendardo della propria casata in segno di pace.
    Quando il primo carro si avvicinò Gilthanas riconobbe istantaneamente gli splendidi lineamenti di Fabila e di Atir in piedi sul carro. Il suo cuore esplose di felicità. Si girò verso Ariakan e gli disse:
    “Preparati cavaliere! Domani partirai per Procyon!”
    Gilthanas
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    Messaggio Da Gilthanas Ven 6 Ago - 15:30

    Giuro di rispettare le Regole dell’Ordine
    Giuro di rispettare i valori della Tradizione che reggono la Verità
    Giuro di sostenere i deboli e gli oppressi combattendo contro ogni tirannìa
    Giuro di fare opera di Fratellanza nel rispetto delle regole e delle leggi morali
    Giuro di non venir mai meno alle Regole dell’Onore e dello Spirito della Cavalleria
    Giuro di impostare ogni mia azione al solo fine del trionfo della Verità, della Lealtà e dell’Onore

    …e che io muoia se ciò non manterrò, perché val meglio morire che con onta restare in vita.

    Gilthanas rilesse più volte il giuramento che i cavalieri erano tenuti a fare il giorno della loro entrata nell’ordine: un cavaliere non poteva essere definito tale senza essersi impegnato con tali sacre parole.
    L’elfo concordò sulla scelta di sottoporre una persona ad un giuramento; anche gli elfi facevano questo, anche se i loro giuramenti gli apparivano più poetici e melodiosi.
    La sala reale del castello era un via vai di gente che camminava avanti e indietro per i corridoi; Gilthanas era seduto su di una panca di pietra posta fuori la grande biblioteca pubblica: era rimasto li tutto il giorno a leggere e rileggere documenti di ogni tipo che riguardavano ogni evento di quelle terre. Acquistò le copie ufficiali delle mappe del posto, le arrotolò nel suo zaino ed uscì. Fuori ad aspettarlo trovò Marion con al suo fianco il giovane Ariakan; non appena fu vicino a loro la strega disse:
    “Ho venduto le armi più vecchie ed ho ricavato duemilioni di corone, inoltre ho portato gli scudi al fabbro che me li ha pagati bene. Mi sono permessa di usare parte dei soldi ricavati per riparare e migliorare due spade che valevano poco e che ho rivenduto per il triplo. Resoconto in cassa quaranta milioni di corone d’oro. Ariakan era già qui quando sono arrivata. Ora vado ciao.” E sparì
    L’elfo rimase basito. La strega stava operando con una passione inaudita, era precisa, leale e totalmente abnegata ai suoi compiti. Si ritenette fortunato ad averla incontrata. Ora doveva chiederle qualcosa in più: vista la sua bravura e lealtà voleva proporle di gestire non solo il suo patrimonio ma il patrimonio dell’intera gilda che andava nascendo.
    Guardò il cielo e si rese conto di essere in ritardo: doveva incontrare Fabila ed Atir in piazza. Salutò il cavaliere e si incamminò verso l’eccitante appuntamento.
    Fabila e Atir ridacchiavano come delle ragazzine: avevano un’aria felice ed il loro buon umore era evidente sui loro volti. Vedendo l’elfo che si avvicinava gli corsero contro come leprotti in festa.
    “Gilthanas!” disse Fabila abbracciando l’elfo quasi facendogli perdere l’equilibrio.
    “Elfo buono!” disse invece Atir allargando le braccia in attesa del suo turno. Gilthanas non si sottrasse a quelle manifestazioni di gioia. Avevano sofferto tante volte assieme ed avevano tutti temuto per il peggio; ora, c’era ancora tanto da discutere e chiarire ma ci sarebbe stato tempo: erano ormai uniti e nulla ora poteva dividerli.
    “Chi è questo giovanotto?” chiese Atir notando l’accompagnatore silenzioso che sorrideva come se fosse lui il festeggiato
    “E’ Ariakan, ha deciso di aiutarci nella nostra causa. Andrà in missione al tempio di Procyon per permetterci di ottenere la garanzia necessaria per formare una gilda”
    Ariakan fece un inchino con la testa, Fabila appoggiò la sua mano luminosa sulla sua spalla e il cavaliere sorrise muovendo l’arto che non gli duoleva più.
    “Come hai fatto a capire che ero ferito?” chiese stupìto
    “Noi guaritrici sentiamo le ferite, non è necessario che le vediamo” rispose Fabila guardando Atir ricevendo un sorriso di conferma dalla sua amica.
    “Ora sei pronto Ariakan” disse Gitlhanas che aggiunse “Parti per la tua missione”
    Il cavaliere salutò con eleganza le dame, guardò negli occhi Gilthanas con determinazione e si incamminò verso la sua strada.
    Mentre il gruppetto osservava il cavaliere allontanarsi una voce arrivò da poco lontano da loro:
    “Ed io non sono più nulla?”
    I tre si girarono e videro il grande Dancan che tentava di non sorridere con le braccia incrociate.
    “Titano!” gridarono in coro le due guaritrici buttandosi al suo collo. Poi Fabila aggiunse:
    “Ma guarda che muscoli che ti sono venuti fuori! L’aria di qui ti fa bene a quanto vedo!” il titano pieno di se cominciò a contrarre i pettorali alternandoli per dimostrare la sua potenza: ciò fece ridere tutti all’istante.
    “Ma Morrigan dov’è?” chiese Atir rivolgendosi a Gilthanas
    “Arriverà” rispose fiducioso l’elfo che aveva appreso la storia da Dancan.
    “Eccola!” disse sorridendo Fabila indicando la maga che si avvicinava a loro.
    “Sono l’ultima?” Chiese Morrigan avvicinandosi senza nascondere il suo enorme sorriso splendente
    “Si Morrigan ora paghi da bere!” urlò Dancan
    “E sia! Rispose la maga: andiamo in locanda, festeggiamo! Abbiamo tante cose da dirci!”
    Si incamminarono verso il viottolo della piccola struttura, stretti tra loro con le braccia ognuno sulle spalle dell’altro a formare una catena. Gilthanas era al centro, alla sua destra Dancan e di seguito Morrigan, alla sua sinistra Fabila e Atir. Camminarono come ubriachi mentre Dancan guidava il gruppo a zig zag per rendere il gioco più divertente. L’elfo al suo confronto era piccolo e flebile e sentiva il peso immane del suo enorme braccio sul suo collo. Risero e bevvero tutto il tempo: ora, avevano bisogno di questo.
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    Messaggio Da Gilthanas Ven 6 Ago - 15:30

    La piccola volpe camminava furtiva muovendosi silenziosamente nell’erba fresca; il cielo era di un blu intenso e l’aria umida lasciata dal temporale appena cessato accarezzava i fiori splendidamente ripuliti dall’acqua.
    La volpe si avvicinava curiosa ad un piccolo animaletto morto, destandosi ogni due passi e guardandosi attorno insospettita.
    La piccola Fabila stava osservando la scena sorridendo: amava osservare gli animali che si aggiravano nei boschi vicino al villaggio e sapeva che alle prime luci dell’alba era molto più facile farlo.
    La piccola volpe prese coraggio e prima sfiorò delicatamente il corpo inerme della preda con la sua timida lingua e poi l’afferrò avida tra le sue mandibole: in quel preciso istante una tagliola perfettamente nascosta si chiuse sul suo collo e la volpe cominciò ad agitarsi impazzita nel vano tentativo di liberarsi dalla trappola mortale.
    Fabila si raggelò sentendo il suo disperato guaire; corse dalla volpe uscendo dai cespugli e cercò di pensare rapidamente ad uno modo per salvarla. Cercò con tutta la sua forza di aprire la terribile morsa ma non riuscì a liberare la volpe che prese a sanguinare abbondantemente. Raccolse un ramo da terra e cercò di fare leva fra i due morsetti ma il ramo si spezzò.
    La volpe cominciò ad agitarsi sempre di meno sino a quando si accasciò respirando affannosamente; Fabila cominciò a strillare piangendo.
    “Fabila! Dove Sei?” gridò la madre della bambina sentendo le sue strilla nel silenzio. Fabila si voltò improvvisamente con gli occhi di lacrime.
    “Mamma! Sta morendo!” singhizzò la bambina
    La donna capì la situazione e con forza aprì la tagliola sufficientemente per sfilarla dalla volpe che ormai stava per morire; abbracciò la figlia sussurrandole:
    “Ora lasciamo che il suo spirito voli verso il cielo”
    Ma Fabila si liberò duramente dall’abbraccio e corse verso la piccola volpe prendendola tra le braccia
    “No, volpe non morire! Guarisci”
    Una luce divampò su di lei ed avvolse la volpe in un’angelica carezza: la volpe si ridestò restando tuttavia tra le braccia della bambina.
    Fabila sorrise di gioia e disse
    “Mamma hai visto? L’ho salvata!”
    La donna guardò negli occhi la sua bambina e pensò con serena accettazione: “Mia figlia è una guaritrice…”
    Fabila appoggiò l’animale sulle quattro zampe e lo lasciò correre allegro verso il bosco.
    Da quel momento il futuro di Fabila seguì un percorso dovuto. Un elfo che ha queste doti può scegliere la via dell’indifferenza oppure può potenziare le sue capacità seguita da un maestro. Ciò però voleva dire vivere una vita fatta di sangue e dolore, abnegandosi per il prossimo e senza ricevere nulla in cambio.
    La madre ed il padre di Fabila le parlarono e le spiegarono tutto; lei ascoltava in silenzio sorridente le loro parole con la sua scelta già chiara nella sua testa.
    “Allora amore cosa decidi?”
    “Voglio diventare una chierica Padre” rispose la piccola
    Il padre allargò le braccia e Fabila gli corse incontro.
    “E così sia” disse il padre guardando negli occhi la moglie.
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    Messaggio Da Gilthanas Ven 6 Ago - 15:30

    Ariakan respirava affannosamente; dalla sua ultima missione al tempio gli sembrava che gli orchi fossero aumentati in numero e che si fossero rinforzati.
    La sua spada penetrava la carne delle bestie con estrema rapidità e riusciva a tenere la guardia dai loro temibili attacchi di forza: il problema essenziale era riprendere fiato.
    L’ultima sua incursione l’aveva portato in una stanza sconosciuta: era cieca e guardandosi attorno si rese conto di essersi perso. Gli orchi l’avevano intercettato ed ora si erano raggruppati in un folto numero tra Elite, Berseker e Guerrieri.
    Ariakan con un balzò uscì dalla stanza alla ricerca di una via di fuga; cominciò a correre tra scalinate e corridoi angusti pensando che prima o poi avrebbe trovato la via di uscita. Quella sua mossa però peggiorò la situazione: l’elite a capo del gruppo che lo inseguiva lanciò un verso al cielo; nell’istante successivo al segnale, un altro manipolo di orchi gli apparve di fronte a sbarrargli la strada.
    Ariakan valutò rapidamente le due possibilità: affrontare gli inseguitori o il gruppo che si apprestava a raggiungerlo di fronte. Capì che doveva sgomberarsi il percorso prima che gli orchi si fossero ricongiunti. Abbassò la testa e puntò dritto verso chi voleva sbarrargli la strada con un urlo di minaccia.
    Il cavaliere infilò la lama di netto nel collo dell’orco guerriero che era posto in prima fila che cadde sulle ginocchia rantolando versi soffocati. Estrasse l’arma e sfregiò di taglio un Berseker alla sua destra. Sferrò un pugno ad un altro orco sulla sinistra con la mano libera e si oppose con il corpo ad un elite che gli si stava proiettando addosso: ciò fece cadere entrambi sul pavimento bisunto di sangue.
    Ariakan si rialzò rapidamente in piedi e vide che gli inseguitori l’avevano quasi raggiunto e si mosse per fuggire. Vide una perla nera fuoriuscire dalla gola del primo orco ucciso e seppur questo poteva rischiargli la vita, tornò sui suoi passi e strappò via il prezioso dal corpo dell’orco inerme.
    Riprese a correre con un vantaggio ridottissimo: aveva perso troppo tempo per quella sua ultima azione.
    Seguì il corridoio in lungo senza voltare. In fondo vide una biforcazione a T e pensò che poteva ad eluderli se avesse trovato una scalinata al suo seguito.
    Quando credette di aver raggiunto la fine del corridoio sentì una mano afferrarlo dai capelli strattonandolo bruscamente verso una nicchia scura che non aveva notato prima. Sentì chiaramente una lama fredda appoggiarsi alla sua gola che premeva duramente sulla sua pelle. Era stato bloccato con agilità da una Canaglia che disse a voce bassa:
    “Fai una sola mossa e sei morto”
    Vide gli orchi superarlo dalla luce del corridoio.
    Quando l’allarme cessò, il cavaliere che era ancora immobile disse:
    “Chi sei?”
    Appena emise quelle parole sentì che la lama diminuì la sua pressione ed i suo capelli non erano più tirati.
    “Ariakan?” domandò la canaglia
    “Naradyr!” disse il cavaliere meravigliato.
    Ariakan vide nella penombra il viso dell’amica persa il giorno della tragedia.
    Naradyr era la sorella gemella della sua Crysania. Per un attimo sentì il cuore salirgli in gola a quella visione. Poi le sue speranze ripiombarono rapidamente nel vuoto.
    Il cavaliere non lasciò trasparire la sua disperazione e disse:
    “Cosa ci fai qui, dov’è tua sorella?”
    “Sono venuta qui per uccidere, non certo per fare una passeggiata. Mia sorella è stata rapita, non ti è arrivato il messaggio?” rispose la canaglia evidenziando le sue differenze caratteriali con la dolce sorella.
    Ariakan confermò con un timido cenno del capo. Poi rifiatò e chiese:
    “Dove posso cercarla?”
    “A Merak” rispose Naradyr che continuò “Ma non puoi andarci da solo, e neanche io. Dobbiamo organizzare una spedizione per poterlo fare. Credo che sia stata portata in qualche accampamento nascosto. Sto cercando di indagare.”
    Il cavaliere pensò al suo amico Gilthanas e disse
    “Forse ce la potremmo fare in tempi brevi. Aiutami a raccogliere cento perle nere dagli stomaci degli orchi, io sono arrivato a venti.”
    Naradyr assunse una espressione incuriosita ed Ariakan disse:
    “Si. Chiederò aiuto a Gilthanas”.
    “Gilthanas” pensò Naradyr. Questo elfo sconosciuto che aveva già sentito nominare tante volte negli ultimi tempi eppure che non aveva avuto l’occasione di conoscere… Pensò a tutte le storie che le raccontò Morrigan, la maga che l’aveva salvata da morte certa e ripensò a Dancan che rischiò la vita per lui. Chi era questo elfo, cosa aveva di così speciale?
    Ariakan prese una bottiglia di pozione dallo zaino che bevve avidamente, si passò il dorso della mano sulle labbra e disse:
    “Allora mi aiuti?”
    La canaglia tirò dalla cintura due lame lucentissime, diede una rapida occhiata al corridoio e rispose:
    “Sono pronta”
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    Messaggio Da Gilthanas Ven 6 Ago - 15:30

    "Solo l'eroe dai veri principi potrà ricevere il soffio del drago. Colui che trafiggerà con la sacra lancia il drago, riceverà la magia del suo soffio. Unica vera forza che potrà aiutarlo nel far vincere i suoi valori.”
    Quando il drago, nel suo cuore verrà ghermito,
    vivrà nel cuore di colui che l’ha colpito”

    Gilthanas rilesse molte volte queste parole dal libro intitolato “Magie dei draghi del nord”, un vecchio libro dalla copertina strana, impolverato che trovò nella biblioteca del castello di Randol.
    Era tornato in biblioteca la mattina seguente la serata con i suoi amici di sempre. Dopo qualche ora di risate ognuno di loro tirò fuori l’esperienza vissuta dopo la morte del drago: Atir disse di aver visto formarsi un drago fatto con il suo stesso sangue e che l’avrebbe trasportata sino alla carovana mentre lei era incosciente; Fabila disse di essersi trasfigurata in un ruggente drago di fuoco permettendogli di salvarsi da morte certa; Dancan riferì della sua esperienza nel lago di lava e MorriganYubel parlò del suo volo che le permise di salvare Naradyr.
    Ognuno di loro udì delle strane voci che li definiva “Custodi”, ed ognuno di loro veniva definito “Custode” di una parte diversa del drago:
    Sangue – Cuore – Pelle – Ali
    Gilthanas pensò molto a ciò che udì dai suoi amici. Ricordò gli strani sogni che visse durante il suo stato di trance. Il drago esplodeva in un’onda di energia e terrore e lui veniva investito dall’impatto dell’energia che ne scaturiva. Sentì la sua pelle divenire coriacea, il suo sangue bruciare nelle vene, il suo cuore tambureggiare potente nel fragore del dirupo e le sue ali sorreggerlo in aria.
    Poi rifletté sulla frase
    “quando il drago, nel suo cuore verrà ghermito,
    vivrà nel cuore di colui che l’ha colpito”
    e pensò:
    “io ho ghermito il suo cuore e il drago vivrà nel mio cuore?” e ancora,
    “Ma perchè anche loro sono stati investiti di tale energia?”
    “Cosa può voler significare: vivrà?”
    “Se io sono riuscito ad ucciderlo significa i miei sono i “veri” princìpi?”
    Venne divorato dai pensieri sino a quando un sorriso improvviso apparve sul suo volto appuntito; esclamò quindi nel silenzio:
    “Loro sono nel mio cuore!”
    Rilesse avidamente quella frase e tutto ebbe un senso:
    I suoi quattro amici l’avevano sostenuto, salvato, aiutato. Erano stati al suo fianco sino al momento della sua morte. Loro erano nel suo cuore al momento dell’uccisione. Fabila gli diede la lancia, Dancan il coraggio, Morrigan l’aiuto e Atir la vita. L’energia del drago ha trovato loro nel suo cuore e, attraverso il cuore di Gilthanas aveva raggiunto loro.
    Capì che si trattava di una misteriosa e magica unione: l’energia del drago non sopraffece l’elfo perché passando da lui raggiunse i quattro custodi. Solo attraverso di lui la magia del drago, la sua potenza, il suo “soffio” avrebbe potuto rinascere.
    “Io non sono il custode dell’energia” pensò Gilthanas soddisfatto: “sono loro i custodi, ed attraverso il mio cuore potranno far rinascere la sua magia”.
    Che meravigliosa magia!
    Continuò avidamente a leggere quelle pagine chiarificatrici impregnate di leggenda.
    “tremate terre di tutti i poli! Quando la magia del soffio del drago verrà controllata nulla potrà contrastarla.”
    Gilthanas si ricordò di quella potenza che lo trapassò provando ancora dolore a ricordarla. Non avrebbe potuto reggerla da solo. La sua salvezza passò dai suoi amici, dai suoi alleati:
    i quattro custodi del drago.
    Voleva provare a capire meglio di cosa si trattasse. Corse affrettatamente in cerca di loro per parlargli; si guardò in giro scrutando attorno a se e non li trovò; scorse però un cavaliere con l’armatura sporca di sangue scuro, con al suo seguito una donna sconosciuta che si avvicinavano verso lui sorridendo:
    “Gilthanas, missione compiuta!” gridò Ariakan brandendo uno zaino ringonfio.
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    Messaggio Da Gilthanas Ven 6 Ago - 15:31

    Gilthanas si recò con Ariakan al castello appena aprì, per ottenere la garanzia prima possibile. Consegnò le cento perle nere trovate al tempio di Procyon ed attese trepidante nel corridoio che qualcuno lo chiamasse.
    Dopo poco, un ometto magro e flaccido uscì da una saletta adiacente, guardò negli occhi l’elfo chiese:
    “Ariakan?”
    “Sono io” rispose febbricitante il cavaliere
    “Questa è la tua Garanzia” disse la simpatica figura consegnando una pergamena ed accennando ad un sorrisetto ebete.
    Ariakan ricevette il plico ma non lo aprì, lo consegno a Gilthanas guardandolo negli occhi; l’elfo ringraziò con l’espressione del volto e srotolò la pergamena.
    “Sostenuta la prova di coraggio
    Per aver ridato cento perle nere
    Ai divini maestri
    Concediamo la Garanzia di Eroe del regno di Iris
    Al cavaliere dal nome: Ariakan.”
    Seguiva il sigillo reale in cera lacca e la firma di due titolati.
    Gilthanas alzò lo sguardo verso il giovane e disse:
    “Sai cosa significa questo vero? Ora possiamo creare la gilda”

    Gilthanas contattò subito tutti gli altri e cercò di organizzare un incontro ufficiale nel quale dare il via all’intero grande progetto: fissarono la data per la sera della prima luna piena del quarto mese. Vide che Fabila accolse la notizia con fervore che rapidamente contagiò tutti. Gilthanas si congedò ed andò dal caporione per avviare le noiose pratiche burocratiche.
    L’elfo preparò tutto l’occorrente:
    mille monete d’oro, la garanzia di Ariakan e lo statuto dal seguente contenuto:

    La gilda sceglie il nome di:
    DRAGONLANCE
    Nome del Capo della Gilda:
    Gilthanas
    Descrizione dei valori di Gilda:
    Il nome della gilda si compone delle iniziali degli undici princìpi che la reggeranno per sempre:
    D per Determinazione
    R per Rispetto
    A per Azione
    G per Gioco
    O per Organizzazione
    N per Nobiltà
    L per Lealtà
    A per Auto-protezione
    N per Naturalezza
    C per Costanza
    E per Equilibrio

    Seguiva la firma dell’elfo per esteso.

    Ottenne una semplice pergamena sigillata in cambio che non aprì: decise che l’avrebbe fatto assieme agli altri in occasione della cerimonia che Fabila stava organizzando.
    Gilthanas sentì una sensazione di serenità pervaderlo e cominciò a galoppare a cavallo immerso dai pensieri.
    Pensò al momento in cui avrebbe rotto il sigillo e avrebbe letto il contenuto ai suoi primi gildani. Gli sembrava strano pensare a lui come capo, ma sentiva dentro un ottimismo che non gli permetteva di pensare ad un fallimento.
    Pensò ad Ariakan ed a quello che gli disse quando lo incontrò con lo zaino stracolmo di perle nere:
    “Gilthanas la mia missione è compiuta. Lei è Naradyr, sorella gemella di Crysania; tornavamo da Procyon ed abbiamo ottenuto una preziosa informazione: forse sappiamo dove la tengono nascosta. Partiremo domani mattina io e lei”.
    Gilthanas stava per dirgli che sarebbe andato con loro ma fu interrotto sul nascere:
    “No Gil, potremmo sbagliarci, si tratta solo di una dovuta ricognizione. Tu fai quello per cui sei venuto. Al nostro ritorno avremo l’onore di chiamarti Capo”.
    Gilthanas non continuò il discorso; non riuscì neanche a parlare con la donna al suo fianco dal nome Naradyr: svanirono tra le strade affollate della città muovendosi frettolosamente.

    I suoi pensieri svanirono quando si rese conto di essere arrivato in un luogo totalmente sconosciuto. Il deserto lo circondava, quindi capì subito di essere nelle terre di Dratan. Si voltò per scorgere qualcuno ma non vide anima viva. Con un colpetto di tallone il cavallo imboccò un piccolo sentiero in salita che lo portò verso una collina larga e piatta: davanti ai suoi occhi apparvero i resti di una cittadina abbandonata. Incuriosito, tirò fuori dallo zaino la mappa e vide che, dove probabilmente si trovava, era disegnata una struttura circolare circondata da mura. Gilthanas scese da cavallo e camminò nel silenzio seguito dal suo cavallo guidato dalle redini. I suoi passi prima affondavano nella sabbia chiarissima, poi sentì che il terreno divenire sempre più pietroso e solido. Superò delle enormi colonne di legno che forse un tempo costituivano il portone di ingresso, e si ritrovò in quella che tempo addietro poteva considerarsi una piazza.
    Gli sembrò che la vita di quella cittadina fosse svanita d’improvviso. C’erano ancora i secchi montati sulle carrucole come se qualcuno fosse fuggito prima di poter ritirare l’acqua; i tavoli delle baracche disposte ordinatamente attorno la piazza, contenevano tracce di merci abbandonate. Alcune colonne di legno erano state dilaniate facendo crollare le strutture che sorreggevano;
    Cercò incuriosito di capire cosa avesse potuto causare tutto quel disastro: le mura erano troppo alte e robuste per essere abbattute in quel modo, inoltre alcune torrette di controllo e la posizione sulla collina avrebbero permesso una difesa ottimale.
    Osservò un’ enorme pietra tagliata in due che nessun uomo avrebbe potuto mai neanche spostare; pensò alla magia ma non si convinse.
    Tutto fu chiaro quando vide i segni di un enorme artiglio impresse su di un pezzo di muro abbattuto: erano stati attaccati da un enorme drago. Tutto si animò nella sua mente: vide il drago che scendeva in picchiata dal cielo attaccando una torre; lo vide sferzare un colpo della sua enorme e tagliente coda verso la murata, abbattendola; sentì le urla degli abitanti che fuggivano abbandonando le proprie attività affannosamente; vide le enormi fiamme che uscivano dalle fauci della bestia annerire le pietre di un pozzo…
    Doveva essere un drago molto grande e molto forte. Solo una bestia con tale forza poteva causare tutto questo.
    Lui aveva ucciso il drago rosso ma altri potevano essercene.
    Gilthanas raccolse da terra una tavola di legno che portava intagliato il nome della cittadina distrutta; poteva essere stato lo stesso drago? Pensò l’elfo, ma non potevano esserci prove di questo.
    Il luogo gli apparì simbolico e pensò che per l’ennesima volta, una forza misteriosa l’aveva portato fin li.
    Dalle macerie e dalla distruzione causate da un drago, la sua missione poteva avere inizio.
    Si guardò attorno e disse con aria compiaciuta:
    “Cominceremo da qui. I Dragonlance nasceranno a Siras.”
    Gilthanas
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    Messaggio Da Gilthanas Ven 6 Ago - 15:31

    Naradyr galoppava con Ariakan al suo seguito per i sentieri boscosi di Merak.
    Finalmente, dopo tanto silenzio e paure, un piccolo ragazzino affannato raggiunse Naradyr al tempio e parlò:
    “Ero nel bosco a raccogliere erbe medicinali ed ho trovato un accampamento segreto di Berseker; li ho spiati per un po’ e poi ho notato che c’era una donna legata ad una roccia. Sembrava viva, anche se appariva stanca e denutrita.”
    Finito il racconto del ragazzo, Naradyr si scoprì il volto ed il ragazzino esplose:
    “Assomigliava a te!”
    In quel momento capirono che si trattava di un’informazione probabilmente valida. Ricompensarono il ragazzino con un sacchetto di corone d’oro e due belle spade nuove di zecca, contarono le perle mancanti per Gilthanas ed accelerarono la ricerca per concludere la missione in giornata. Quando le cento perle nere furono nel sacchetto si involarono verso la città di juno per consegnare il bottino all’elfo e preparare la partenza. I due si misero in cammino l’indomani seguendo le indicazioni del ragazzetto.
    Giunsero dunque in una radura ed attesero che terminasse il tramonto in modo da muoversi nel buio.
    Quando la notte giunse, i due si mossero a piedi lasciando i cavalli a riposare.
    “L’accampamento dovrebbe essere proprio lì a due ore di marcia in quella direzione nella boscaglia” disse Ariakan indicando con il braccio
    “Bene. Muoviamoci” disse la donna
    I due camminarono nel silenzio cercando di non calpestare neanche un ramoscello; decisero di avvicinarsi il più possibile per poter verificare la situazione.
    Un piccolo e rozzo fuoco al centro di poche capanne maleodoranti spiccava nel buio di quella notte scura; nelle vicinanze alcuni Berseker russavano con il volto soddisfatto dalla lauta cena; ossa di animali, resti di carne e brocche di coccio erano sparsi ovunque. Uno di loro era seduto con la schiena appoggiata sulla roccia a fare da guardiano ma Ariakan notò che anch’egli dormiva sulla sua pancia, in un sonoro russare.
    Poco lontano dalla guardia: lei.
    Crysania era li; con la guancia appoggiata sul terreno sporco e con gli occhi aperti che guardavano il fuoco. Ariakan sentì le gambe divenire improvvisamente deboli per l’emozione. Il solo vederla viva riempì il cavaliere di gioia e rabbia all’istante. Era legata con una corda molto stretta ai polsi ed alle caviglie ad una grossa roccia grigia piantata nel terreno. Il volto della prigioniera appariva triste, privo di espressione e messo a dura prova.
    “L’hai vista?” disse Naradyr
    “Si” rispose Ariakan
    “Che facciamo” chiese la donna
    “La prendiamo e torniamo a casa” rispose il ragazzo
    “Sembra che dormino ma potrebbero svegliarsi, e poi non sappiamo quanti ce ne sono nella capanne”.
    Ariakan studìo nuovamente l’accampamento: vide un grande albero secolare a pochi metri dietro Crysania e pensò che avrebbe potuto avvicinarsi a lei da li, recidere la corda con la spada e liberare la sua donna senza che nessuno se ne accorgesse.
    “Mi avvicinerò da lì” disse il cavaliere indicando l’albero ed aggiunse, “Tu coprimi. Se dovessi vedere qualcosa che non va, fuggi e chiama aiuto, saprò cavarmela in attesa del tuo ritorno”.
    “Ariakan è pericoloso. Torniamo a chiamare Gilthanas e lui ci aiuterà. In gruppo sarà tutto più facile. Se vieni scoperto potrebbe essere la fine sia tua che di mia sorella.” Diesse preoccupata Naradyr
    “Guardala. E’ al limite. Se non la portiamo in salvo subito potrebbe non esserci il tempo necessario per salvarla; dobbiamo provarci”. Disse Ariakan determinato a procedere.
    Naradyr si rese conto che le parole del cavaliere di fatto erano vere. Sua sorella era irriconoscibile. Il suo volto era segnato come solo lei poteva sapere. Fece un bel respiro e poi disse:
    “Ok sono pronta”.
    Ariakan annuì con la testa e sparì nel buio del bosco. Naradyr prese posizione puntando con la balestra la fronte del guardiano. Dopo poco vide apparire il cavaliere dietro la quercia prescelta e lo vide camminare a lenti carponi verso la sorella che d’un tratto si destò dal suo immobilismo. I due si guardarono negli occhi e Naradyr sentì una fitta al cuore dall’emozione: le due gemelle erano unite da un forte legame e ciò spesso permetteva loro di provare ciò che provava l’altra nello stesso istante. Ariakan cominciò a recidere la corda che imprigionava Crysania. Naradyr diede un ulteriore sguardo all’accampamento che sembrava immerso tranquillo nel sonno.
    Ariakan si stava muovendo con cautela e precisione: forse ce l’avrebbero fatta.
    La corda cedette sotto la lama affilata della spada ed il cavaliere cominciò a trascinare lentamente la prigioniera verso di se con la forza delle sue braccia.
    Crysania scivolava sul terreno trascinando con se foglie, rami e pietre.
    Quando tutto ormai sembrava volgere per il meglio una figura scura apparve dalle spalle del cavaliere: era un tagliagole sanguinario, un temibile guerriero del male, un assetato di sangue che vedeva la sua preda davanti a se inerme.
    Naradyr cercò quasi di gridare con gli occhi per avvertire il suo amico. Vide il tagliagole chiaramente colpire alle spalle il cavaliere e quasi sentì il dolore della lama penetrargli la carne. Naradyr nello stesso istante fece fuoco: il dardo partì e colpì il tagliagole nel petto facendolo barcollare e cadere alle sue spalle. L’accampamento si risvegliò rapidamente: Crysania cominciò a gridare istericamente il nome di Ariakan. Naradyr cercò di colpire i Berseker che si avvicinavano ai due fuggiaschi ma così facendo attirò l’attenzione di di alcuni di loro; fece fuoco rapidamente ma erano troppi. Si ricordò delle parole di Ariakan “Fuggi e chiama aiuto”.
    Naradyr fu presa dal panico: cosa doveva fare? Diede un’occhiata rapida all’accampamento e capì che non ce l’avrebbe fatta; continuò tuttavia a fare fuoco con la balestra verso gli assalitori che ormai erano a pochi metri da lei. Naradyr indietreggiò nella speranza di poterne abbattere a sufficienza per poter aiutare Ariakan. Poi arrivò un duro colpo di clava alla sua balestra che gliela fece saltare dalle mani, poi un altro sul braccio sinistro e poi venne colpita dritta in volto. Cominciò ad essere accecata dal sangue. Si voltò e fuggì nel buio come un cerbiatto ferito.
    Ariakan nel frattempo aveva ripreso in mano la sua spada e colpiva i Berseker frapposto tra loro e Crysania. La ferita causata dal tagliagole grondava sangue mentre la donna osservava inerme la scena. Ariakan combatteva come un leone, ma anche un leone in quel caso avrebbe capito che l’avversario era più forte di lui. Il cavaliere trafisse in petto un Berseker che però strinse la mano sull’elsa e fece forza nello stesso verso del colpo, affinchè la lama entrasse ancora più profondamente dentro le sue carni. Immobilizzato, il cavaliere venne colpito da una clava sul braccio e subito dopo sul volto. Ariakan diventò una maschera di sangue, si voltò e guardò Crysania in lacrime. Ariakan si lanciò su di lei in senso di protezione e la coprì con il suo corpo. I Berseker continuarono a colpire Ariakan sul corpo. Crysania era sotto di lui e poteva sentire i colpi che si ripercuotevano sul suo amato; sentì il suo fiato uscire affannosamente dai polmoni. Ariakan perse i sensi adagiandosi con il suo corpo sulla donna disperata. Il cavaliere venne trascinato brutalmente per le gambe ed una striscia di sangue segnò il suo percorso per terra. Crysania lanciò un ultimo urlo; vide un Berseker avvicinarsi a lei, alzare la clava in aria e poi…il buio calò.
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    Messaggio Da Gilthanas Ven 6 Ago - 15:31

    Il cielo era limpido e la giornata era luminosa. Gilthanas attendeva l’arrivo dei quattro custodi e di Marion per ufficializzare l’inizio del grande progetto Dragonlance.
    Diede nuovamente un rapido sguardo alle rovine: osservò meglio la piazza cercando di scrutare meglio il volto di quelle quattro enormi statue poste l’una davanti all’altra; sembravano angeli dalle enormi ali.
    L’elfo adagiò il libro delle leggende su di un banco abbandonato e lo aprì alle pagine in cui si parlava dell’energia del drago: cosa poteva fare il soffio del drago per la sua causa? – pensò l’elfo incuriosito.
    D’un tratto avvertì un lieve rumore, come di un fruscio e si sentì osservato. Cercò di scorgere eventuali presenze in quel posto desolato ma non vide nulla.
    Pensò che si trattasse di autosuggestione e riprese a dedicarsi agli ultimi preparativi:
    sparse della polvere di nenn per terra a formare un largo cerchio, evocò gli antenati affinché lo guidassero nella saggezza e attese che il sospiro del vento gli desse fiducia.
    Gilthanas chiuse gli occhi come era usanza in attesa che la lieve brezza arrivasse a confortarlo ma sentì chiaramente un rumore provenire dietro un muricciolo a non molta distanza da lui. Stavolta fu come se si trattasse di un rametto spezzato. Convinto che stavolta la suggestione non centrasse puntò il palmo della mano contro il muricciolo ed evocò l’incantesimo del ghiaccio: il muricciolo divenne chiaro e trasparente come se si fosse congelato, come se fosse divenuto di acqua. Gilthanas vide che dietro di esso si nascondeva un ragazzino con abiti poco appariscenti con la testa per terra, raggomitolato su se stesso, nella speranza di non essere scovato. Gilthanas si tranquillizzò e disse:
    “Cosa ci fai qui ragazzo?”
    La misteriosa figura improvvisamente rilassò i muscoli rendendosi conto di essere stato scoperto, alzò pian piano la testa ed emerse dal blocco di ghiaccio ponendosi in piedi in silenzio; guardò l’elfo negli occhi e disse:
    “Io guardavo e basta, non facevo nulla di male. Ho visto un cavallo in lontananza e pensavo fosse abbandonato; così mi sono precipitato a catturarlo ma poi ho capito che c’era anche il suo padrone; ti ho visto fare quelle cose strane; mi sono incuriosito e mi sono avvicinato…forse troppo”
    “Come ti chiami” chiese l’elfo con voce paterna
    “Mi chiamo Atena e sono un grande combattente” disse il ragazzo prendendo aria nel petto
    “Bene combattente, dammi una mano a sistemare qui. Sta per avere inizio una grande cerimonia. Se vorrai unirti a noi mi farà piacere”
    “Certo!” disse il ragazzo avvicinandosi con un sorriso in volto che lo fece risplendere tutto
    Gilthanas gli pose quattro aste di legno che il ragazzo pose ai quattro angoli delle rovine. Poi gli diede dell’olio, della stoffa ed un acciaino per farne delle torce. Il ragazzo lavorava con entusiasmo e trovò in lui un valido aiutante.
    Ad un certo punto una voce esordì:
    “Ci hai fatto camminare per miglia e miglia Gil!”, era Dancan che si lamentava della sede remota scelta per la cerimonia.
    L’elfo sorrise e rimase stupito, mentre lo guardava, che indossava abiti cerimoniali eleganti e dietro di lui quattro splendide ancelle bianche gli facevano da cornice. Fabila, Morrigan, Atir e Marion vestivano delle tonache candide, che facevano brillare la loro pelle in quella giornata piena di luce. Tutte e quattro sghignazzarono nel notare lo stupore dell’elfo che si voltò verso Fabila dicendo:
    “E’ opera tua vero?”
    Fabila non rispose ma il suo evidente sorriso parlò per lei.
    “Chi è il ragazzo?” chiese Dancan guardando il piccolo Atena
    “L’ho trovato qui e mi ha dato una mano per i preparativi. Si unirà a noi alla cerimonia; ha promesso di non dare fastidio, vero Atena?”
    “Si certo! Vi prego non mi mandate via!” rispose
    “Va bene per me può restare” disse Dancan guardando l’elfo, quasi ad avallare ufficialmente una scelta già presa.
    “Bene se siamo tutti possiamo procedere”

    Gilthanas invitò le persone ad entrare nell’area limitata dal cerchio di nenn e tutti eseguirono; chiuse gli occhi meditando profondamente per qualche minuto ed una leggera brezza si levò accarezzando tutti i cerimonianti.
    L’elfo esordì:
    “Siamo riuniti qui, a Siras, terra di un’antica lotta contro il male; tempo addietro un grande drago attaccò e distrusse questa cittadina fortificata riducendo tutto in polvere e distruzione; da queste ceneri comincia la nostra avventura in queste terre dell’Iris; dalle pietre sgretolate dal grande drago prenderà vita una nuova lancia, la nostra lancia. Nascono qui i Dragonlance e se un giorno avremo fine, finiremo qui.”
    “Bellissimo” disse Atena interrompendo il silenzio.
    Dancan si girò improvvisamente con gli occhi infiammati verso di lui che, avvertendo la minaccia, cancellò il sorriso di stupore dal suo volto ammutolendosi.
    Gilthanas srotolò sul tavolo quattro rotoli di pelle e tutti si scorsero per osservarne il contenuto: una conteneva un lembo di pelle di drago, una conteneva un cuore, un’altra un frammento di un ala ed infine l’ultima conteneva un ampolla con del sangue.
    “Queste sono quattro parti di drago. Voi siete custodi di queste parti che simbolicamente per questa cerimonia vi consegno al fine di rievocare il magico evento”.
    Gilthanas prese il cuore e disse:
    “Fabila, ricevi questo Cuore di Drago e diventa Custode del Drago sconfitto”.
    Fabila lo raccolse tra le sue mani facendo una sorta di inchino con il capo sorridendo.
    “Atir, ricevi il Sangue del Drago e diventa Custode del Drago sconfitto” disse l’elfo porgendo una boccetta piena di sangue vivo.
    Atir prese il dono e riprese posto da dove veniva
    “MorriganYubel, ricevi le Ali del Drago e diventa Custode del Drago sconfitto” continuò Gilthanas
    Morrigan si alzò per raccogliere la sua simbolica parte e sorrise guardando l’elfo negli occhi porgendo le mani in avanti.
    “Dancan, ricevi la Pelle del Drago e diventa Custode del Drago Sconfitto”
    Dancan prese in mano la pelle e tornò a sedere quasi impacciato da quegli abiti che non era abituato a portare.
    Poi Gilthanas prese un oggetto dorato e splendente con la mano destra ed un corno di drago nella mano sinistra; si avvicinò a Marion e disse:
    “Marion, aiutami a costruire questa gilda, ad organizzarne i tesori ed a guidare la sua ricchezza. Ricevi questo booster dorato e questo corno di drago simboli di forza e prosperità”
    Marion diventò rossa in viso in evidente imbarazzo: non si aspettava di essere anche lei coinvolta in questo modo. Lei cercava sempre di sfuggire ai palcoscenici, lavorava dietro le quinte di essi. Era la spettatrice attenta di ogni spettacolo. Ora invece era lei l’attrice a calpestare la scena.
    Marion cercò di dire qualcosa ma il fiato le tagliò la voce e si rimise a sedere in silenzio.
    Gilthanas chiuse gli occhi e disse:
    “Ná alya i vinya loa!”
    Che il nuovo anno possa essere benedetto!
    Poi recitò le parole del libro:
    “Drago sconfitto che muori e le ceneri ritrai, donaci la tua energia e il tuo potere per reggere la nostra missione”
    In quel preciso istante la terra tremò. Qualcosa avvenne, come se una risposta fosse giunta dalla terra. Tutti divennero seri improvvisamente guardandosi l’un l’altro. Fabila gridò:
    “Il cuore sta battendo!” mostrando il cuore che aveva nelle mani impaurita
    “Guarda qui!” disse Morrigan lasciando cadere il frammento di ala che cominciò ad espandersi..
    Gilthanas non capì cosa stesse accadendo. Le parti del drago stavano riprendendo vita. Guardò in volto i suoi quattro custodi e vide che i loro volti stavano cambiando: i loro occhi erano rossi e le loro espressioni erano sempre più assenti.

    Un terribile frastuono arrivò dal cielo: era un ruggito di drago che imperversò facendo vibrare le rocce. Gilthanas cominciò a sentire nuovamente quella strana energia bruciargli dentro e tutto divenne improvvisamente confuso. Atena fuggì preso dal panico sparendo nel deserto. Dagli occhi dei quattro custodi uscirono delle fiamme che si unirono in un’unica enorme spirale di fuoco che si levò nel cielo e cominciò librarsi come un serpente. L’energia che si materializzò entrò negli occhi delle statue di pietra che cominciarono prendere vita. Gli angeli di pietra emisero un urlo agghiacciante e le loro ali cominciarono a sbattere sollevandoli dai loro sostegni.
    Uno di essi guardò negli occhi Gilthanas e disse con voce ruggente:
    “Oktar seet Rhakoon Ehti, Gilthanas?”
    L’elfo non capì, sentì solo l’energia dentro di se divenire sempre più forte e sempre più incontrollabile. I quattro custodi erano in piedi attorno a lui e l’elfo cominciò ad urlare:
    “OKTAR SEET RHAKOON EHTI, GILTHANAS!”
    I quattro angeli sorrisero e vennero avvolti da una luce blu candida che contrastava con la luce infuocata che usciva dai loro occhi.
    Marion era paralizzata. Guardava basita ogni cosa non sapendo cosa fare. Forse era l’unica persona a non aver perso i sensi.
    Gilthanas sfoderò la lancia dalla cintura e gridò nuovamente
    “OKTAR SEET RHAKOON EHTI, GILTHANAS”
    “IO SONO LA LANCIA DEL DRAGO, GILTHANAS!”
    La sua lancia esplose di energia. I quattro custodi allargarono le braccia e si unirono a formare un anello. Gilthanas era al centro con la lancia verso il cielo. Un drago formato dall’energia sprigionata assorbì le quattro parti che erano state consegnate ai custodi e cominciò a rigirarsi come se stesse soffrendo. Il drago infastidito dall’energia di Gilthanas emise un ruggito infuocato, un soffio potentissimo verso il gruppo di Custodi. Le fiamme che uscirono vennero assorbite dalla lancia come se si fosse trattato di un parafulmine. Gilthanas vibrò di energia e gridò:
    “OKTAR SEET RAHKOON EHTI, AMIN TOSARJ RAHKOON TAURA”
    “IO SONO LA LANCIA DEL DRAGO, IO CUSTODIRO’ LA SUA ENERGIA”
    Gli angeli risero sonoramente in un suono diabolico e dalle loro mani uscì una luce fortissima che fece letteralmente scomparire il drago al suo interno che scomparve tra gemiti e stridore.
    Gli angeli ritornarono volando dolcemente riprendendo le rispettive posizioni iniziali e rapidamente tornarono a pietrificarsi.
    Il vento si placò, l’energia scomparve. Gilthanas riprese il controllo di se; vide che anche i custodi erano nuovamente tornati coscienti. Ognuno di loro era sorpreso ma sereno; l’elfo abbassò la lancia, la infilò nella cintura e disse con respiro affannoso:
    “Che la storia dei Dragonlance abbia inizio”.
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    Messaggio Da Gilthanas Lun 9 Ago - 14:22


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